Oggi che il mondo cattolico festeggia l’Immacolata concezione (cioè il fatto che Maria, ancor prima di aver concepito senza peccato Gesù, nacque straordinariamente esente dal peccato originale segnandola fin dal principio della sua esistenza come creatura speciale), cominciamo un viaggio alla scoperta delle cosiddette Dee dell’inverno, dedicando loro i giorni che ci accompagnano fino alla data di un’altra importante figura femminile, Santa Lucia. Già lo scorso anno avevamo accennato a queste divinità stagionali del folclore europeo e quest’anno faremo la conoscenza di diverse loro sfaccettature locali. Partiamo oggi con una dea romana inequivocabilmente legata al periodo natalizio, tanto da aver lasciato tracce di sé nel nostro vocabolario: vi presento Strenua.
La dea delle strenne. Benché il suo nome sia anche alla base dell’aggettivo “strenuo” il suo attributo principale non era nella forza e nella salubrità del fisico come reputano alcuni, ma piuttosto quella legata allo scacciare gli spiriti molesti e rinchiuderli nella loro dimensione. Si tratta degli stessi spiriti che altrove abbiamo identificato con i Krampus e le maschere delle sfilate del solstizio: l’idea che in questo periodo il ciclo dell’anno vecchio si esaurisse con la morte della vegetazione e che l’inizio del nuovo necessitasse di figure e rituali preposti segna davvero un tratto tipico delle antiche credenze europee, a quanto pare. Le celebrazioni in onore della dea prevedevano l’offerta di ramoscelli alle calende di gennaio, cosa che la identificherebbe anche con la nostra Befana, per poi passare dai vegetali a doni più pragmatici come dolci e oggetti di metallo prezioso… da qui l’origine della “strenna” come sinonimo di regalo. Queste usanze erano disseminate, già al tempo dei Romani, nel periodo di dicembre (soprattutto nei giorni dei Saturnalia) e ancora oggi contraddistinguono il momento dell’anno che va dall’Immacolata all’Epifania.
La dea della strina. Ancora oggi in questo periodo, in alcune zone d’Italia, gruppi di persone munite di strumenti e campanacci si aggira per le strade del paese a chiedendo la strina, cioè i doni in cambio di un canto benaugurale e noti come strinari (le strine sono anche i canti di buon augurio che vengono eseguiti per la famiglia e gli amici). Ma la strina è anche il gelo improvviso che ghiaccia la vegetazione guastando i raccolti futuri e che poteva mettere in difficoltà i contadini, ecco perché proprio nelle zone rurali il suo culto era maggiormente sentito anche se finiva sotto moltissimi nomi diversi, il più noto di tutti -per la sua connessione con la natura- era naturalmente Diana. Il canto propiziatorio della fertilità dei campi ha connessioni con altri fenomeni del continente, il più noto dei quali è il wassailing britannico.
La dea strega. Strenua sarebbe stata una dea dalle origine sabine poi adottata dai Romani, venerata soprattutto nelle campagne per la sua facoltà di portare abbondanza nei campi e secondo alcuni l’etimologia di strega deriverebbe proprio dal suo nome come tentativo da parte della Chiesa cristiana di eradicare dalle campagne il culto della dea. Abbiamo già visto in altri casi, come quello della quercia sacra Irminsul, quanto fosse difficile portare sulla retta via i popoli pagani soprattutto delle zone rurali… Dopotutto, pagano deriva proprio da pagus, le campagne dell’impero dove non attecchiva la civitas e non stupisce che la contrapposizione alle credenze cristiane diventasse tout court quella delle superstizioni e dei culti agrari.
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