Carlo Ginzburg ha dedicato la sua vita a studiare alcuni aspetti del folclore italiano, a livello internazionale è uno degli studiosi conterranei più celebri, ma nella penisola non ha goduto di altrettanta fama. Peccato, perché il suo primo studio sistematico sui benandanti friulani è citato in moltissime opere di storia delle religioni ormai da più di cinquant’anni: a partire dall’analisi di questi residui culturali della periferia d’Italia, Ginzburg ha in seguito tentato di fornire una spiegazione al topos del sabba così come si diffuse nel periodo storico della caccia alle streghe. Le tesi riportate in Storia notturna, datato 1989, sono ormai state rivedute e in parte smentite da studi più recenti, ma la portata dello scritto resta intatta nella sua suggestione.
Tutti sappiamo, almeno a grandi linee, cosa sia il sabba: un raduno notturno di streghe e stregoni che -in compagnia del diavolo e di animali satanici vari- si davano a banchetti, profanazioni e orgie decretando la colpevolezza di chi dichiarava, davanti a giudici e inquisitori, di avervi preso parte. Nel corso del tempo (dalle prime testimonianze al periodo delle grandi persecuzioni e dei roghi) l’immagine del sabba, nei testi di cui gli inquisitori si servivano per portare avanti la loro missione, è andata definendosi in maniera sempre più precisa, ma qual era l’origine di ciò? Sappiamo per certo che il sabba, così come lo conosciamo oggi, è il risultato più delle ossessioni e delle convinzioni della classe colta che non delle reali credenze del popolo. Se gli inquisitori seguivano, o almeno tentavano di farlo, un codice per riconoscere e estirpare l’eresia, per molti degli accusati l’adesione a pratiche magiche, reali o presunte, non era necessariamente in contraddizione con la fede cristiana: si potevano invocare spiriti e incantesimi pur sottomettendosi alla volontà del Signore. Dove stava allora il problema?
Secondo Ginzburg la risposta è da cercarsi nel periodo storico subito precedente alla caccia alle streghe, nel momento in cui l’Europa è scossa da timori interni come il diffondersi di epidemie e eresie: in questo clima nasce e si sviluppa la paura del complotto. Improvvisamente i popoli devono far fronte a grandi morie e, nel disperato tentativo di razionalizzare la paura, s’innesca il meccanismo della ricerca di un colpevole. Anche quando la spiegazione è assurda (si legge della teoria secondo cui le epidemie di lebbra sarebbero state causate da avvelenamenti delle acque da parte degli ebrei, per esempio). Si esaminano poi una serie di capri espiatori accusati del malessere generale -ebrei, lebbrosi, eretici- per evidenziare come, a nessuno all’epoca, sembrasse assurdo mandare al rogo delle persone per aver affermato di recarsi a riunioni notturne a cavallo di una scopa… anzi.
Il libro affronta alcuni famosi elementi che componevano l’idea del sabba, e che decretavano il grado di colpevolezza di chi diceva di avervi partecipato, ricercandone l’origine storica. Si apre un’ampia parentesi sulla credenza di una figura femminile divina a capo dei cortei notturni che si sarebbero più avanti cristallizzati nell’immagine del sabba: secondo Ginzburg il sostrato celtico dei vari paesi europei avrebbe conservato la traccia di questo antico personaggio declinato poi nel folclore come Holla o Perchta, ma la cui origine sarebbe stata Diana, romanizzazione di dee locali celtiche come Epona o le varie Matres. A sostegno di quest’ipotesi vengono portate una serie di testimonianze di processi a donne che affermavano di partecipare ai convegni notturni alla presenza di questa Signora chiamata a volte Oriente, Abundia, Diana, Erodiade…
Un secondo filone di argomentazioni riguarda il volo notturno come modalità di recarsi al sabba. Questo tema era già stato affrontato dall’autore ne I benandanti: personaggi del folclore friulano che, grazie a una predisposizione alla nascita (decretata dalla venuta al mondo avvolti nel sacco amniotico), si dicevano destinati a lottare “in spirito” contro le streghe, in duelli notturni a cadenza periodica per garantire alla propria comunità la fertilità dei campi. Ginzburg fa un lungo e dettagliato elenco di simili figure che si riscontrano nell’Europa nordorientale arrivando a supporre che tutti essi siano residui di un antico culto agrario eurasiatico di tipo sciamanico, che darebbe una spiegazione all’uscire dal corpo, librarsi nel cielo e intraprendere battaglie corpo a corpo.
Se si accosta oggi il tema della caccia alle streghe, a cui il sabba è legato a doppia mandata, si possono trovare studi più recenti rispetto a Storia notturna, ma questo libro secondo me ha tutta la forza della ricerca, offre moltissime suggestioni e apre il campo a infinite vie ancora da intraprendere. Personalmente è una lettura che ho sentito molto vicino sia per tematiche che, ormai lo sapete, mi affascinano molto, come i culti locali delle divinità femminili; quello che non mi aspettavo era la prossimità geografica del libro… nella prima parte dedicata al complotto, hanno naturalmente grande spazio tra gli eretici i Valdesi, dimensione culturale in cui sono nata e cresciuta. Le zone in cui si origina l’ideologia del sabba e della stregoneria sono inoltre le Alpi occidentali a cavallo tra Italia e Svizzera, laddove trovo le mie radici sia su un versante che l’altro (per parte di madre e di padre). Insomma, potrei sembrare poco obiettiva consigliandovi questo libro, ma in esso ci sono moltissimi elementi che lo rendono una lettura ricca, interessante e stimolante.
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