Questo è un post leggermente più meditativo, forse più utile a me che voi, ma -in soldoni- ragioniamo un attimo insieme sul senso di riscrivere le storie. E, nel farlo, adottare il punto di vista del mostro, della donna, della strega.
Secondo Joseph Campbell, la mitologia aveva una funzione diversa da quella della religione per come la intendiamo oggi (quella dei grandi monoteismi): la seconda ci permette al più di entrare in contatto con Dio, la mitologia invece specchia gli dei -intesi come idee e modelli, non come verità assolute- e li accoglie in noi per fornirci chiavi di letture della nostra interiorità, con lo scopo ultimo di renderci individui completi e appagati. La mitologia sarebbe dunque un modo per conoscersi e, nel caso, guarirsi. Che dire di un sistema culturale (yes, precisamente il nostro) che delle figure femminili ha fatto ctrl+alt+canc?
La bellezza del mostro. Abbiamo visto in un precedente post come in origine, anche una figura mostruosa come la Gorgone, fosse decisamente più brutta della semplice bruttezza rappresentata dai capelli serpentini. Pensiamoci, dal loghi fashion ai personaggi di film e fumetti, Medusa è sempre una donna bellissima, il cui unico simbolo di pericolosità è rappresentato dalla sua capigliatura. I serpenti sono la parte veramente mostruosa. Ma risiede davvero tutto lì il pericolo?
Non esattamente: i serpenti sono il pericolo dichiarato, un’insegna luminosa bella grossa che indica di stare attenti al personaggio che li indossa; ma poi c’è un elemento, niente affatto trascurabile, che racchiude tutta la natura subdola della novella Medusa… ed è proprio la sua bellezza.
La bruttezza della dea, penso alle varie Perchta o Holle europee, è ciò che esige rispetto. Della bellezza mostruosa di Medusa bisogna innanzitutto diffidare.
Quella Gorgone, che da creatura terribile munita di zanne e grugno minaccioso diventa una bellissima donna, è la stessa trasformazione a cui sono sottoposte le streghe durante la persecuzione cinquecentesca: la bruttezza disinnescata di Medusa significa che qualsiasi donna potrebbe essere un mostro, così come ogni donna potrebbe essere in realtà una strega… non ci sono elementi evidenti che ne segnalino la pericolosità.
I confini delle donne. I mostri sono segnali culturali che indicano il confine tra ciò che è normale e quel che non lo é: se sei mostro, non sei normale. Più le regole che descrivono la normalità, e cosa ci si attende da essa, diventano rigide, più è semplice deviare da questo standard (storicamente alle donne è stato richiesto -in senso più o meno figurato- di non parlare. E una donna che esprime le proprie opinioni ancora oggi appare meno opportuna di un uomo). La storia umana c’insegna che questi confini si sono adattati alle richieste della società e per secoli, nei racconti, le donne sono state mostri e i mostri sono state donne; oppure le donne sono state streghe e le streghe sono state donne. Al di là del confine è facile vedere i limiti che vengono imposti (= quando mancano i diritti è facile accorgersi che qualcuno è trattato meglio di te), forse per questo le streghe sono state messe a tacere? Per non spifferare a tutti la libertà che esiste oltre le maglie sociali spezzate?!
Il controllo del corpo. La conversione del mostro in creatura femminile trova una straordinaria similitudine nel tema del controllo del corpo delle donne durante la Caccia alle streghe (o meglio, si rende qui molto più evidente). Quando agli onori della cronaca balzano notizie di redivivo patriarcato, mediamente si inorridisce dicendo: “È tornato il Medioevo”. Sì e no: in realtà la condizione di sfruttamento femminile, così per come la intendiamo oggi, è figlia del capitalismo che affonda le sue radici nel periodo storico successivo al Medioevo. Quando la borghesia si fa strada nella storia dell’Europa, una delle sue preoccupazioni è ottenere il massimo profitto al minimo costo: serve manodopera, tanta, e quella può essere procurata dagli schiavi del Nuovo mondo o dalle suddite del Vecchio. Come rendere le proprie cittadine della macchine sforna-lavoratori? Andando a colpire le categorie femminili che più godevano di libertà e indipendenza. Non solo nella categoria della stregoneria finiscono i mestieri che più hanno a che fare con il corpo, la salute e la riproduzione (levatrici, prostitute, erboriste), ma s’insinua nell’altra metà della popolazione -quella maschile- la paura e il sospetto per queste donne infide e pericolose, che non danno segno della loro pericolosità fin quando non è troppo tardi e il loro potere si è manifestato (uccidendo persone, inquinando acque, affatturando cose). Ecco come la paura permise di controllare le donne attraverso il loro corpo: il mostro divenne una donna e questa divenne una strega.
Ecco perché è importante liberare Medusa e i miti che riguardano le creature femminili. Sono la nostra mitologia e senza di essa manca un pezzo importante nel nostro bagaglio culturale: specchiandoci nei suoi occhi sono certa che non resteremo pietrificate.
Per approfondire.
Un ripasso della storia di Medusa.
La figura della Gorgone come dea serpente.
Un libro che riscrive la mitologia, Sirene e altri mostri di Jess Zimmerman.
Il pensiero di Joseph Campbell è estrapolato da “Dee. I misteri del divino femminile” edizioni Tlon.
Per saperne di più sulla Caccia alle streghe c’è la serie di Madamine realizzate con Lucia Graziano “Le Masche”; oppure -per un affondo sulle vicende locali- le mie Passeggiate eretiche.
Una dichiarazione d’intenti d’antan in Riscrivere le storie, dove non solo dico le stesse cose con metafore diverse, ma scopro di aver usato l’espressione ctrl+alt+canc pure lì! XD

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