Qualche giorno fa la fiber artist Antonella Di Dedda mi ha proposto di fare quattro chiacchiere in una diretta Instagram (qui per vederla), questa ne è la trascrizione parziale.
Il titolo della diretta era “Ricami e babaci in dialogo”: proprio di ricamo si occupa -tra le altre cose che scoprirete- Antonella mentre, lo ricordo se dovesse essere utile!, che “babacio” in piemontese significa pupazzo, ecco quindi il mio pezzetto.
Ho parlato dei miei pupazzi, ispirati a mitologia e antropologia, usciti in qualche modo dagli studi universitari, e di un percorso che è poi sfociato nell’artigianato.
Antonella. Se non avessi studiato antropologia, i babaci non ci sarebbero, come ciò che ho incontrato io mi ha portato a fare i talismani tessili*. I percorsi aiutano a costruire la nostra strada.
Babacio. E non devono per forza essere lineari: anche se una via diversa non è sempre facile e ci possono essere aspettative disattese, in fondo noi siamo la prova del fatto che strade un po’ più lunghe e tortuose possono comunque dare i loro frutti!

Essere autodidatte.
Babacio. Ho avuto una nonna sarta che ha provato a insegnarmi il cucito da bambina, ma io non ho mai imparato! Da adolescente ho trovato nel cucito la possibilità di dare tridimensionalità a personaggi che all’epoca creavo con la mia amica (oggi illustratrice) Leonora Camusso. Ho iniziato seguendo i tutorial delle riviste creative, quelle che sono oggi sostituite dal web! E poi facendo tanti errori, che penso siano ciò che, alla fine, permette di dare davvero la propria firma ai lavori.
Antonella. Mi occupo di quello che chiamo ricamo intuitivo, che non segue cioè regole né disegni specifici; e non si focalizza tanto sulla realizzazione di prodotti d’uso: nei miei laboratori il ricamo si utilizza come strumento per lavorare sull’inconscio e sulle emozioni. L’ago diventa una matita, si scelgono fili e tessuti per disegnare.
Ho iniziato a ricamare grazie a mia mamma, con il punto croce e mezzo punto, tele e libri… da adolescente ho esplorato altri strumenti, accantonando il ricamo che ho ripreso 6 anni fa, per ricamare su foto e aggiungere tridimensionalità ai miei lavori: il linguaggio soffice é quello che si può toccare, accarezzare… Ricamare significa mettere le proprie linee su tela, è meditativo e permette di scoprire se stessi.
Babacio. Condivido l’aspetto della meditazione… Io tratto di spiritualità e religione, ma sono una persona molto concreta, a cui meditare non riesce. Penso che il cucito gli si avvicini: ti trovi contemporaneamente immerso in quell’attività, ma anche altrove. Dico spesso che: “No, non faccio meditazione, però cucio!”.

Approcci diversi.
Babacio. L’intuitività del cucito di Antonella io forse la vivo solo nella fase preparatoria del pupazzo, poi il mio è più l’approccio dell’artigiana: parto dallo studio del personaggio, quindi lo devo raffigurare in un determinato modo… da topo di biblioteca quale sono, ci tengo che sia il più accurato possibile, sia perché dev’essere immediatamente riconoscibile, sia perché mi piace molto fare ricerca… la sfida maggiore arriva nel momento in cui devo rendere in stoffa ciò che ho immaginato.
Antonella. Un punto importante che c’è dietro anche i miei talismani tessili, prima di poter parlare di oggetto finito, è la ricerca…. È difficile far capire tutto il lavoro preparatorio, ma è importante raccontarlo. È anche la parte più lunga. Per i talismani tessili, ad esempio, devo mettermi in contatto con chi me lo richiede, capire qual è il suo linguaggio simbolico (per me la protezione potrebbe essere espressa dall’orso, ma magari per l’altra persona è un altro simbolo). Il ricamo in questo caso non è solo hobby, c’è un grande lavoro dietro.

Personaggio preferito.
Babacio. Medusa senza ombra di dubbio! Ho ripreso le materie universitarie, approfondendole, quando ero incinta della secondogenita e non riuscivo a cucire. Da lì mi è venuto il pallino di accostare il design delle mie bambole alle storie antiche… ma Medusa ce l’avevo in testa da una vita e quando sono riuscita finalmente a renderla reale… è stata una soddisfazione! Inoltre è studiando la sua storia che ho iniziato a sentire che certe narrazioni mi sembravano poco autentiche, cominciando a rivederle (e poi ripresentarle!) sotto aspetti diversi.
Insomma, tutto è iniziato con lei e credo che sia una conferma del fatto che gli archetipi ti parlano solo quando le tue “orecchie interiori” sono pronte a recepire il messaggio…
Antonella. I miei preferiti sono i Krampus!
Babacio. Non si possono definire diversamente da “fighi”!
Lo studio dei personaggi permette che si aprano anche innumerevoli altre porte: io sto un po’ abbandonando il lato puramente artigianale di Babacio per sviluppare la sua parentesi narrativa, podcast, video e passeggiate… c’è bisogno di ri-raccontare queste vecchie storie. Ad esempio, Medusa si presta benissimo a un lungo collegamento che dalla Grecia antica arriva fino alla Caccia alle streghe.

Insegnare.
Babacio. Ecco, io sono pessima nella vendita, ma vado forte nell’insegnamento. Mi è stato proposto di tenere dei corsi e sono stata fortunata a trovare persone con la voglia di mettersi in gioco, che amano anche l’aspetto divulgativo del mio lavoro. L’essere autodidatte forse in questo aiuta: chi partecipa avverte meno pressione e aspettativa. Io ripeto sempre loro: “Se ce l’ho fatta io, potete farcela anche voi!”. E poi, grande importanza sul tema della pazienza… sia nel provare e riprovare, che nelle tempistiche di realizzazione: il cucito è arte della lentezza.
Antonella. Infilare il filo è la bestia nera nei miei laboratori!
Babacio. Io devo dire che bimbe e bimbi, con le loro manine, su quello vanno forte; ma hanno effettivamente poca pazienza… vorrebbero tutto subito pronto e fatto bene!
Antonella. Nei miei laboratori cerco di mettere un focus sul facilitare… Non serve imparare mille punti diversi, l’importante è realizzare su tela il proprio disegno: gli esseri umani hanno in qualche modo dentro di sé il cucito, il ricamo, il rammendo… Abbiamo in noi questa capacità, sono attività del nostro patrimonio interiore… E può essere sviluppato, ce lo abbiamo dentro e si tratta solo di saperlo tirare fuori. A volte spaventa, perché sembra qualcosa di antico e vecchio, noioso.
Non si pensa che possa essere qualcosa di moderno, invece io lo uso come strumento di ascolto di sé: se si è nervosi, ad esempio, il filo tira; il filo rispecchia ciò che abbiamo dentro.
Approcciarsi al filo come strumento per conoscersi è ciò che cerco di trasmettere nei miei corsi.

Mitologia e sciamanismo.
Antonella. I laboratori hanno anche un aspetto sul femminile e lavorano nel tempo. Quest’anno ho unito la fiaba e il ricamo, sono molto soddisfatta: ho accostato il ricamo come strumento ad altre tecniche e ha funzionato bene. Usare l’ago, tagliare la tela… sono atti che per alcune persone non sono automatici, possono anzi risultare difficili… Nei workshop c’è bisogno di mettersi in gioco, di applicarsi… ecco perché sono densi!
Babacio. Il mio approccio nerd mi smuove nella curiosità e il primo passo, importantissimo, credo sia proprio la volontà di mettersi in gioco, anche e soprattutto in cose che non si sanno fare. Può essere l’inizio di qualcosa (e non per forza legato al cucito o all’arte che si è utilizzata!). Ad esempio, in un tuo laboratorio a cui avevo preso parte, si era parlato di Sedna… un personaggio che ricordo ancora molto bene.
Antonella. Lei mi ha guidato in questo ciclo di laboratori, è stata colei che ha dato inizio a tutto: ho immaginato di accarezzare i capelli di Sedna e da lì ho avuto l’idea di usare il filo alle storie. Nulla avviene a caso, le cose arrivano perché il linguaggio inconscio, personale e che ognuno di noi ha, emerge quando si lavora.
Babacio. Sedna, tramite i capelli, mi ha sempre ricordato Medusa. Nella leggenda inuit che la vede protagonista, l’ira di Sedna viene placata accarezzandole la chioma; e i serpenti di Medusa sono il frutto della collera di Atena. Il tema dei capelli è antropologicamente interessantissimo: i capelli femminili sviluppano tematiche forti, penso anche a quelli che venivano rasati alle streghe all’inizio dei processi… il nesso tra i capelli e la rabbia e il dolore femminili è molto forte.
Antonella. Da qualche anno ho intrapreso un percorso neosciamanico, la cui particolarità è il riavvicinarsi alla natura e il riconnettersi alla Dea in un’ideologia animista in cui la montagna, il sole e la luna, gli elementi ci lasciano dei messaggi, che io traduco poi nei talismani tessili. Lo sciamanismo ricentra me stessa con il mondo, aiutandomi a capire che ne faccio parte: noi umani siamo una piccola parte di ciò che c’è; si tratta di tornare a respirare, ritrovare la propria origine.
Come per te la mitologia, per me lo sciamanismo è uno dei temi che mi aiuta nelle creazioni, pongo grande attenzione a tutti i simboli che posso utilizzare (es. gli animali). Saper utilizzare linguaggi diversi da quelli che solitamente vengono proposti, ci permette di comprenderci e di capire che nella morte c’è la vita come nella vita c’è la morte, sono temi presenti nello sciamanismo come nella mitologia: la morte è prevista, come chiusura di un percorso e poi di rinascita… Tutto questo è molto presente nei Talismani.

Condivisione.
Babacio. Mi risuona assolutamente tutto, anche da un punto di vista nerd… Alla fine arriviamo alle stesse conclusioni pur seguendo strade diverse. Spero che parlandone, qualcuno trovi il simbolo che gli parla di più. I simbolo sono mutevoli, in certi momenti della vita se ne sentono alcuni più vicini e altri meno. Ecco il valore di ri-raccontare i simboli, lo facciamo entrambe, ma con linguaggi diversi.
Antonella. Gli animali e gli alberi che ti hanno spinta a realizzare pupazzi ispirati a essi perché quello che abbiamo dentro ci muove affinché esca fuori, usando il cucito o il ricamo. Subentra il bisogno di vedere in forma concreta e soffice ciò che abbiamo dentro.
Babacio. Sì, e magari quella cosa che hai dentro, che hai imparato e fatto tua, va poi -a un certo punto- buttata fuori in qualche modo perché possa essere utile anche ad altri.
Antonella. Ecco la condivisione.
Babacio. E la volontà di condividere. Qui il messaggio di ricami e babaci è sulla tecnica: non è solo cucito, mette sì in moto il cervello, ma non solo la testa!
Antonella. Gli studi scientifici dimostrano che il cucito abbassa l’ansia -soprattutto nei lavori più ripetitivi- calma lo stress, è riabilitativo; in gruppo diventa aggregativo e sviluppa la propensione ad aiutarsi. Entrambe poi permettiamo alle persone di creare qualcosa, che ne aumenta l’autostima.
La soddisfazione e la rilassatezza dei partecipanti alla fine di un laboratorio, soprattutto in questo periodo di costanti stimoli esterni, per me sono impagabili.
Il bello del nostro percorso è che è estremamente autentico, ciò che abbiamo creato c’identifica a pieno e bisogna riuscire a mantenere la propria originalità, nonostante le leggi dei grandi numeri e la richiesta di performance… Io, ad esempio, preferisco avere poche persone ai miei workshop, che però escano soddisfatte.
Babacio. Perché queste tecniche si perdono? Perché non rendono abbastanza in termini economici. In un laboratorio di cucito non si possono avere troppi partecipanti perché, se è vero che è bello aiutarsi a vicenda, non lo è altrettanto se si è obbligati a farlo perché chi lo tiene non riesce a star dietro a tutti! Le persone si stanno prendendo un attimo per loro, investendo anche dei soldi, ed è giusto che, sia il partecipante che l’insegnante, siano lì, presenti nella loro totalità.
Antonella. Questo ci riporta un po’ alla situazione che poteva esserci nel passato, quando il cucito era un attività collettiva, soprattutto invernale. Le donne cucivano insieme. Mi piace quest’idea di tornare a una sorta di intimità, in cui si creano anche momenti per raccontarsi e portare se stessi. Credo sia un valore aggiunto dei nostri laboratori.
Babacio. Essendo attività lente e impegnative che, come dicevo rendono poco da un punto di vista economico, non vengono molto pubblicizzate… Il cucito ne paga gli effetti e, forse per questo, si sta perdendo.
Tempo e intenzione fanno tutta la differenza nella scelta di comprare, o imparare a fare, un pupazzo o un talismano… C’è in ballo anche l’importanza del valore di ritagliarsi e dedicarsi un po’ di tempo per un workshop, per imparare a fare qualcosa.
Antonella. È difficile far capire il valore di oggetti che non hanno un’idea di utilità immediata, ma è un lavoro che si fa su se stessi, soprattutto se i laboratori sono introspettivi. È ammirevole quando le donne riescono a ritagliarsi del tempo, magari dalla famiglia, per fare un lavoro su se stesse.
Babacio. Da mamma capisco, per quanto si amino ad esempio i propri figli, quanta energia le donne investano nella cura della famiglia, riuscendo a destinarne un po’ a se stesse solo in momenti dedicati. Il prendere del tempo per sé, poi va anche oltre l’avere una famiglia… i benefici del cucito aiutano tutti.
Antonella. È molto bello vedere gli adulti che si mettono in gioco e sono rinvigoriti dal lavoro di ricamo.
Babacio. Un altro punto di contatto è il nostro lavoro con le storie: i bimbi vi si addentrano più facilmente… s’immedesimano subito con i personaggi, vivono le emozioni del protagonista mentre racconti la storia stessa. Per gli adulti è più difficile: noi mettiamo dei filtri tra noi e le fiabe… in mitologia esistono gli archetipi, che servono proprio per identificarsi e proiettare aspetti di sé. Se però certe storie non vengono raccontate, è difficile scoprire che possono avere questa utilità!

Cose future.
Babacio: a maggio riprenderanno le mie Passeggiate eretiche, mentre mi sono appena buttata nell’avventura del mio podcast.
Passeggiate > passeggiate eretiche
Podcast > Babacious!
Antonella: io sto continuando a lavorare a deitalismani; in agosto parteciperò a un ritiro in cui mi occuperò di ricamo e per l’autunno ho dei progetti nelle scuole, sempre legati al ricamo.
Per scoprire il mio lavoro > Antonella Di Dedda su Instagram

* TALISMANI TESSILI:  il termine talismano deriva dal termine arabo Tilsam che significa “segni magici” o “incantesimo”.
Diversi popoli nella storia, e anche oggi, usano ricamare sui propri indumenti simboli che diano loro protezione da spiriti malvagi, oppure cucire abiti facendo attenzione a non lasciare buchi da cui potrebbero entrare esseri maligni. 
Da quest’idea di magia e protezione nasce il Talismano tessile, un oggetto creato completamente a mano, con un intento ben preciso che può andare dalla protezione all’ascolto, dalla cura all’impoteramento.  I talismani che creo vengono prima studiati, ascoltando la storia di chi me li commissiona e cercando insieme simboli o elementi particolarmente importanti per la sua storia personale. Una volta completati vemgono accompagnati da un Mantra, una sorta di versi scritti che narrano il valore dell’oggetto. Antonella Di Dedda