La mela è nella cultura europea il frutto per eccellenza, l’archetipo di tutti i frutti. Come ogni simbolo è però anche ambivalente: le due dimensioni di frutto buono e frutto cattivo coesistono e sono inscindibili: dal frutto si ottiene sempre un frutto e in tutte le lingue esistono espressioni che collegano la frutta alla nascita, alla fertilità e alla femminilità; il suo sapore delicatamente dolce ed il suo profumo ne fanno un alimento presente nella cucina occidentale fin dall’antichità… frutto dorato, frutto eccellente eppure anche frutto del peccato.
Tonda come il sole. La forma sferica della mela la rende doppio del globo, simbolo di potere e abbondanza: è un frutto pieno e pesante, che evoca l’idea di nutrimento e prosperità… nella rappresentazione di divinità classiche (Giove, Apollo, Venere) e imperatori capita di vedere nelle loro mani, non il globo regale ma una vera e propria mela; anche la Vergine e il Cristo sono spesso portatori di mele. Tale simbolo regale deriva dal Medioevo pagano: presso i Germani era attributo di differenti divinità (Frigg, Bragi, Idun), ma erano soprattutto i Celti a considerare il melo come un albero sacro e il maggiore tra i loro dei, il Grande Lug, teneva nella mano ben tre mele che simboleggiavano il potere, la prosperità e l’immortalità. Anche nella concezione del cosmo i Celti vedevano gli astri come delle mele e sovente il Sole era assimilato ad una gigantesca mela dorata: d’altra parte l’idea di mela come simbolo di ricchezza è comune a tutte le mitologie europee che la vedono come frutto d’oro (idea che deriva forse anche dalla sua rotondità, se è vero che nella maggior parte delle lingue indoeuropee ricco e rotondo sono etimologicamente parenti).
Bella, buona, immortale. Prima ancora di essere un frutto, la mela è fiore: lo spettacolo della fioritura dei meli è uno dei più raffinati che la natura possa offrire all’occhio dell’uomo occidentale. Si tratta anche del frutto più rappresentato nella storia della pittura europea grazie forse a una virtù simbolica essenziale, ovvero il suo legame naturale con la mano: cogliere una mela è un gesto legato alla sfera dell’eros e nella sua doppia dimensione di nutrimento/fecondità e piacere/bellezza la mela è stata spesso attributo di donne sovrannaturali come Pomona, Venere, Eva, Maria. Nella cultura greca è l’attributo di Afrodite, ma lo è anche delle fate che abitano l’isola di Avalon del mondo celtico. Ovunque in Europa è sopravvissuto il rituale del dono di una mela a un uomo da parte di una ragazza come gesto d’amore, sia a donargli il suo cuore. La mela è poi un alimento: si mangia, apporta freschezza, piacere e salute. Nella mitologia greca sono svariate le leggende che collegano questo frutto, la sete, la fame e la salute: il supplizio di Tantalo o l’undicesima fatica di Ercole nel giardino delle Esperidi, in cui le mele sono dei frutti di immortalità. Uguale concezione ci viene dal mondo celtico attraverso la leggenda di Avalon, l’isola delle mele, e allo stesso modo ritroviamo la dea Idun che, nella mitologia germanica, è custode di tali frutti. In questi scenari mitologici, la mela appare come nutrimento d’essenza divina, fonte di benessere ma anche di insaziabilità: è simbolo del desiderio degli uomini di eguagliare gli dei.
La più pericolosa di sempre. Accanto alla vicenda di Tantalo abbiamo l’esempio della mela come oggetto di discordia nel giudizio di Paride che segna l’inizio della guerra di Troia. Così come esistono mele che non sono commestibili e che richiedono la cottura per essere consumate, esistono mele dall’aspetto poco gradevole come le verdi che ispirano acidità, le gialle autunnali che possono avvelenare se sono già marce, fino a quelle rosse -magari offerte da mani femminili- che sono però diversamente pericolose perché nascondono un inganno; lo è la mela di Biancaneve, ma lo è soprattutto la più catastrofica mela mai offerta: quella di Eva. L’antico testo ebraico della genesi non si pronuncia sulla natura dell’albero della conoscenza (nella traduzione greca diventa un fico!) ma nel Medioevo in tutta Europa lo si identifica come un melo per due ragioni: la prima è che a quell’epoca in tutto l’Occidente il melo era l’albero da frutto per eccellenza; la seconda è che la concezione medievale tendeva a spiegare il mondo attraverso le parole e in questo caso, in cui il nome della mela e quello del male coincidono, malum non poteva che essere il frutto del peccato.
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