La recensione libresca di oggi non poteva non essere sul volume appena uscito e scritto da Lucia… sì, Lucia Graziano: proprio quella Penna Spuntata che ci ha tenuto compagnia durante tutti questi mesi e che, tra le pagine del suo libro, ha inserito anche tutti i personaggi a cui ho dato un volto in tessuto grazie alla collaborazione Le Masche!
Che, per la cronaca, da ieri sono disponibili qui (anche con libro allegato): Babacio, shop online.
Si parla di storia della magia, di caccia alle streghe e delle cause che hanno portato alle persecuzioni a danno dei praticanti di magia in 21 storia (ogni capitolo è strutturato in due macrosezioni: nella prima, la storia così com’è; nella seconda, commento e contestualizzazione, con ampia bibliografia a fondo pagina); dieci storie riguardano ovviamente le Masche, anche se la sezione di commento è stata molto ampliata per ognuna delle dieci, altre invece sono inedite.
Il libro è acquistabile anche senza bambola, QUI.
Potendo disporre in questo caso dell’autrice, lascio la parola direttamente a Lucia!
La prima cosa che salta all’occhio: il titolo. Penso che la cosa che più salta all’occhio guardando la copertina del libro sia il titolo, declinato al maschile: “Ingannatori, malefici e sapienti”. Ci va già una buona dose di follia a prendere un libro dedicato alla caccia alle streghe e ad appiccicargli sopra un titolo che sembra parlare di uomini; ma è una scelta voluta, che (forse) lascia intuire fin da subito il modo in cui mi sono approcciata al tema. Quella che è descritta nel mio libro non è la classica caccia alle streghe del nostro immaginario collettivo, con donne “non conformi” che vengono bruciate sul rogo da una società patriarcale governata da misogini e fondamentalisti religiosi che, sentendosi minacciati da queste giovani ribelli, le eliminano con la violenza.Intendiamoci: misoginia, fondamentalismo religioso e patriarcato ebbero sicuramente un ruolo molto importante nello scolpire le forme attraverso cui si attuò la caccia alle streghe. Però, da soli, non bastano a spiegare del tutto il fenomeno: il fondamentalismo religioso non manda a processo vescovi e monaci, eppure è pieno di sacerdoti che furono inquisiti con l’accusa di aver praticato la magia. La misoginia e il patriarcato non mandano a processo gli uomini; eppure, delle ventuno storie che compongono il mio libro, otto riguardano individui di sesso maschile. Un dato che si rispecchia anche nel numero di condanne a morte per stregoneria comminate in Europa tra il ‘400 e il ‘700: il 30% degli imputati era di sesso maschile. Indubbiamente una minoranza rispetto a quel 70% composto da individui di sesso femminile… però, una minoranza non poi così risicata!)
Come mai mi è sembrato importante raccontare tante storie di uomini. Mi è piaciuta l’idea di inserire nel mio libro delle storie di stregoneria diverse da quelle che normalmente vengono raccontate al grande pubblico. Da un lato, c’era la volontà di creare un prodotto diverso dal solito; dall’altro lato, confesso che piaceva l’idea di dar voce a tutti quegli uomini che andarono a processo, furono inquisiti, e spesso fecero una brutta fine. Uomini doppiamente jellati, ‘sti poveracci: all’epoca, sono morti male e nell’infamia; oggi, nessuno ne onora la memoria perché sono presenze scomode, che è difficile collocare all’interno del nostro schema mentale. Che razza di strega è, una strega di sesso maschile? Anzi, una noticina divertente: in un’epoca in cui si parla tanto di linguaggio inclusivo, di schwa e di asterischi a fine parola, io ho avuto il grosso problema di non avere a disposizione, in lingua italiana, un termine neutro da utilizzare riguardo a queste streghe maschio (“stregone” non mi piaceva e sarebbe stato inappropriato perché ha una valenza semantica diversa. “Mago” è tutta un’altra cosa rispetto alla strega; e nel mio libro compaiono anche parecchi maghi, ma alcuni individui furono proprio processati con l’accusa di essere streghe!). Alla fine, nella stesura, mi sono rassegnata a utilizzare il termine “strega maschio”… ma credo che basti questo dettaglio per dare conto di quanto poco vengano ricordati questi poveretti morti male… Suvvia, diamo un po’ di onore alla loro memoria!
La mia storia preferita. Beh: ce ne sono tre, tutte e quante sul podio per ragioni diverse. La sfortunata compagine di maghi imbranati di padre Richardson mi ha fatta stare fisicamente male dalle risate mentre la scrivevo, perché veramente è una storia assurda, degna di uno di quei romanzi fantasy-comici di Terry Pratchett: quattro maghi, uno stregone di campagna e un ricco finanziatore che si lanciano in una impresa pericolosa… e un finale che non spoilero! Molto più seria è la storia del signor Fairfax, un intellettuale di squisita formazione accademica, perfettamente razionale, anche piuttosto scettico circa l’esistenza della stregoneria, che a fronte della malattia delle sue due figlie si convinse (lentamente, faticosamente e contro la sua stessa volontà) di essere davvero alle prese con una maledizione. E appuntò in un diario tutte le sue riflessioni sul tema, consegnandoci un documento veramente prezioso per capire cosa succedeva nella testa di un uomo (istruito, razionale e scettico!) di inizio Seicento, per convincerlo di essere perseguitato dalle streghe. Ma la mia storia preferita in assoluto è quella di John di Morigny: mago, necromante e monaco benedettino (ebbene sì!) che nella Francia di inizio Trecento cercò affannosamente di sviluppare una nuova forma di magia che non fosse dannosa per l’anima di chi la praticava. Quella di John è una storia che sarebbe veramente degna di un film; e la cosa spettacolare è che è lui stesso a raccontarcela, in un testo autobiografico che prende la forma di una confessione spirituale (su modello delle Confessioni di sant’Agostino, per capirci) e che davvero si legge come un romanzo. Un romanzo dove c’è davvero tutto: bramosia di conoscenza, voglia di potere, affetti violati, minacce demoniache, colpi di scena su colpi di scena… l’ho già detto, che sarebbe una storia da film?
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