Una breve e pratica guida per tutti coloro che si sono sentiti dire almeno una volta nella vita, e so che non siete pochi, che: “Halloween è una pagliacciata” (declinato nei vari filoni, nazionalista: “Un’americanata!”; economista: “Serve solo a far spendere soldi!”; cristiana: “Oggi è Ognissanti, non Halloween!”; con deriva protestante: “Oggi è l’anniversario della Riforma, non Halloween!”). Per controbattere a chi si fa portavoce del non è roba nostra, ecco un piccolo excursus di tradizioni che sono confluite nell’odierna celebrazione di Halloween: una ricorrenza che Homo sapiens probabilmente iniziò a praticare con la cosiddetta rivoluzione neolitica -quando divenne agricoltore, per intenderci- e che ha saputo mutare nei secoli senza scomparire. Direi che è sufficiente per ricordarla ancora oggi, con tutte le sue nuove derive che non, non dimentichiamocelo, specchio dell’umanità di oggi.
Celti: dall’Irlanda all’Italia settentrionale e dalla Spagna alla Pannonia questa festa era il Capodanno; in Irlanda era chiamato Samhain/Samain e Samonos in Gallia, preceduto dalla notte delle Calende d’inverno (ancora oggi festeggiate in Scozia come Nos Galan-gaeaf) momento in cui i defunti si mettevano in comunicazione con i vivi rimescolando l’ordine cosmico (cosa che accade in ogni momento critico dell’anno, come Natale e Carnevale). “I Celti festeggiavano il loro capodanno recandosi nei cimiteri e trascorrendovi la notte fra canti e libagioni perché erano convinti -credenza tipica di ogni periodo di passaggio da un’anno all’altro- che in quelle ore i morti ritornassero sulla terra entrando in comunione con loro. Il giorno seguente poi, festa di Samain, cominciavano a celebrare il nuovo anno” scrive Alfredo Cattabiani nel suo Lunario.
Cristianesimo: qual è l’etimologia del nome di questa festa? Deriva da “All Hallows Evening”, letteralmente sera (inteso come vigilia) di tutti i Santi; proprio in questi giorni vennero fissate due feste importanti, Ognissanti e la Commemorazione dei defunti, per cristianizzare la festa celtica di Samain: l’episcopato del regno franco istituì la festa di Ognissanti al I° novembre e papa Sisto IV la rese obbligatoria per tutto il mondo cristiano occidentale nel 1475 (fissando così una data per la festività che era già nota alla chiesa, ma che veniva celebrata in date diverse a seconda del luogo e rendendola una solennità, cioè una delle feste più rilevanti dell’anno liturgico). Il successo di questa festa fu la non contraddizione con il principio di rigenerazione del Capodanno celtico: i santi vengono infatti celebrati non tanto nel giorno della loro morte, quanto della loro nascita, intesa come assunzione alla comunione divina. La commemorazione dei Defunti è una tradizione di origine medievale, d’ispirazione bizantina, e voluta forse più per cristianizzare le cerimonie celtiche ancora vive nelle zone rurali… anche se vengono in ogni angolo del mondo i morti vengono ricordati in appositi giorni e cerimonie, il carattere di mestizia che pervade questa festa si registra solo nell’Occidente moderno, altrove si tratta di una ricorrenza tutto sommato gioiosa.
Bambini: li cosi dei morti sono regalini (dolci, vestiti, giocattoli) che i parenti defunti, abbandonando in questo periodo le dimore ultraterrene, portano ai bambini della Sicilia -secondo un’abitudine conosciuta già dai Romani che però la fissarono alle feste dei Parentalia dal 13 al 21 febbraio- e nascondendoli per bene in casa, in modo che il mattino dopo i piccoli li possano cercare e trovare. Nei momenti di caos mondano, ricordiamo ancora il Natale e il Carnevale, i bambini occupano uno spazio speciale e questo è dovuto alla concezione arcaica, secondo cui sarebbero più vicini ai morti degli adulti, avendo da poco abbandonato quella dimensione in cui la vita non è (non è ancora, o non è più)… non deve perciò stupire il loro legame con questa festa macabra. L’abitudine dei bambini di andare di casa in casa chiedendo dei dolci sarebbe invece da far risalire alle elemosine del Medioevo cristiano, quando i poveri e i mendicanti bussavano alle porte per ricevere offerte il giorno di Ognissanti (la questua con un risvolto ludico è, ancora, tipica anche del Natale e del Carnevale).
Fantasmi e zombie: i travestimenti odierni sono una versione moderna della più antiche maschere a immagine dei morti che servivano a mimare il ritorno dei morti sulla terra. Ancora oggi in Irlanda le notti di Ognissanti e dei Defunti sono celebrate nei cimiteri ed è un’antica usanza di origine celtica quella di portare profusioni di fiori sulle tombe in questo periodo, a simboleggiare l’aldilà come paradiso. Non solo, le tombe venivano lasciate aperte per mettere ai morti e ai vivi che lo volessero di circolare tra le dimensioni. Anche le usanze cristiane prevedono dopo la messa l’andare al cimitero per adornare le tombe e ricordare i parenti scomparsi (ma ci si è dimenticati che anticamente -anche per i cristiani- questo fosse un giorno lieto di gioioso ricordo). Il Capodanno fissato nel cuore dell’autunno è per noi privo di senso, ma non lo era affatto per una comunità contadina: questo è il momento in cui una stagione agraria finisce e ne inizia una nuova… Le sementi sono appena scese agli Inferi, il grano è stato cioè appena seminato e giace nel grembo della terra, da dove germinando inizia lentamente il cammino a nuova nascita. Legata alla credenza della processione dei morti in visita ai parenti vivi sarebbe anche da far risalire l’usanza di vestire il morto con l’abito migliore: in questo modo non avrebbe infatti sfigurato in mezzo agli altri.
Notte: per i Celti il giorno iniziava con il tramonto, ecco perché le loro principali ricorrenze venivano festeggiate a partire dalla sera della vigilia. Il Primo novembre è ancora lo spartiacque tra un anno agricolo e il successivo, l’ora in cui la terra entra in letargo. Dell’antica festa celtica, un vero e proprio capodanno, ci è rimasta l’usanza di Halloween, ovvero la notte fra il 31 ottobre e il I° novembre: i bambini si mascherano con costumi spaventosi, per mimare il ritorno su terra dei defunti, e girando di casa in casa chiedendo dolcetti e minacciano, in caso non li ottengano, piccoli scherzi.
Ossa dei morti: sono tipici biscotti che si ritrovano in ogni angolo d’Italia e che originariamente erano dedicati a questi giorni. I banchetti funebri vennero proibiti dalla Chiesa nel IV secolo, probabilmente per segnare un confine netto tra la commemorazione cristiana e quella pagana, ma il nesso tra morti e Capodanno autunnale è ancora diffuso in alcune zone del nostro paese dove si prepara il cibo per i morti che tornano a casa una volta l’anno in questi giorni; sono cibi a base di prodotti stagionali: zucca, castagne e frutta secca. I legumi (fave e fagioli, soprattutto) si ritrovano come segno di comunione: un’antica e diffusa tradizione mediterranea vuole che nelle leguminose risiedano le anime dei defunti. Altrove, se non è presente cibo, si lasciano candele accese e acqua fresca… tutti generi di conforto per chi si trova in viaggio. Per tornare ai biscotti, la consuetudine di infornare cibi sacri è attestata dal Neolitico e il significato non è troppo diverso per tutti i biscotti o i pani delle ricorrenze religiose (come Natale e Pasqua).
Scherzi: le mascherate e gli scherzi di questi giorni servono forse più agli adulti per esorcizzare la paura della Morte, ma il senso di questo agire è analogo a quanto avevamo già osservato a proposito del Carnevale: “Cortei chiassosi e animati da esseri simbolici [in questo caso, maschere che rappresentano i defunti o creature spaventose connesse all’Aldilà: fantasmi, zombie, streghe] stravolgevano momentaneamente l’ordine delle cose per rendersi parte attiva del processo naturale e aiutare il risveglio della vegetazione, residui di un’arcaica religione precristiana che rendeva omaggio in questo modo al passaggio da un anno all’altro” (vedi il post sulle Mascherate animali).
Teschi:i Celti accatastavano i teschi credendo che il morto, per un certo periodo, appartenesse sia al regno dei vivi che a quello dei defunti; le testimonianze letterarie e archeologiche concordano, e nel quando si parla di Celti accade raramente!, sull’importanza attribuita da questo popolo alla testa umana come simbolo della divinità: gli dei erano rappresentati da teste senza corpi a significare che quella era la parte più potente della persona divina. Secondo Alfredo Cattabiani: “Durante la veglia funebre si dipingevano i teschi custoditi nell’ossario e si trascorreva la notte bevendo, suonando e cantando in compagnia dei morti” non diversamente da quanto accade ancora oggi in altre parti del mondo.
Zucche: nei paesi anglosassoni era usanza in questo giorno di festa intagliare grosse rape con espressioni paurose in ricordo della leggenda di Jack O’ Lantern (che, tentando di gabbare il diavolo e comportandosi male per tutta la vita riuscì ad essere escluso, una volta morto, sia dal Paradiso che dall’Inferno… oggi erra come anima tormentata e se la notte di Halloween rischia di riuscire a entrare in casa vostra per via del velo impalpabile tra i vari mondi ultraterreni, basterà appendere fuori una lanterna a significare che lì non c’è posto per lui). Quando, a metà Ottocento, la grande carestia irlandese costrinse moltissimi a emigrare in America, questa tradizione valicò l’oceano riutilizzando per l’occasione la più pratica -e facile da recuperare nei mercati statunitensi- zucca.
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