La storia di oggi “si svolge a Vardø, nella contea del Finnmark, Lapponia norvegese; siamo nell’anno 1663. Già da alcuni mesi era in corso in quelle terre una caccia alle streghe su larga scala: nel momento in cui Gundelle fu chiamata al cospetto dei giudici, le condanne a morte erano già state dodici. L’ultima (a carico di una donna che Gundelle conosceva bene) era stata effettuata proprio nel giorno in cui la nostra amica aveva fallito la prova dell’acqua”.
Tutto il resto della vicenda della Masca di luglio puoi leggerla sul sito di Una penna spuntata.
Mentre qui sotto trovi tutti i passaggi fisici e logici per giungere a immaginarla così come la vedete!
Cucire la Masca Gundelle. Costruire questa bambola mi ha dato una serie di grattacapi. Si presenta con l’abito tipico dei Sami chiamato gakti, particolarmente colorato, con strisce di tessuto variopinte e adornato con monili e gioielli. Tradizionalmente fatto di pelle di renna, può essere anche ottenuto utilizzando cotone o lana. I colori più utilizzati, stando alle foto ritrovate sul web, sono il blu (elettrico) e il rosso, colori che peraltro riprendono la bandiera che questo popolo ha scelto per essere rappresentato. Le donne portano poi una cuffia, colorata e riccamente decorata, mentre gli uomini indossano talvolta un curioso copricapo a quattro punte, ispirato a una leggenda secondo cui il primo abitante di questi luoghi sperduti sarebbe stato uno sciamano in grado d’imprigionare nel suo cappello venti che soffiavano in quattro direzioni e che, infuriati, avrebbero deformato il tessuto in questo modo. I Sami sono una minoranza etnica molto fiera, attenta ai propri confini culturali e rivendicano la loro identità con la comprensibile attenzione (per dire, e per restare in tema, qui potete leggere della loro querelle addirittura con la Danimarca, affinché venga restituito un tamburo appartenuto a uno sciamano Sami confiscato nel corso dell’ultima caccia alle streghe avvenuta in zona, successiva a quella fatale a Gundelle)… ecco perché ho approcciato questo abito non proprio serenamente!
Viste le connessioni con la storia di questa Masca, Lucia ed io abbiamo deciso di dotarla di un pendaglio con cinedio “una pietra in realtà inesistente che in passato si pensava crescesse all’interno della testa di alcuni pesci. Era descritta come un sassolino nero-bluastro, opaco, e bislungo. I maghi lo utilizzavano per prevedere (e eventualmente anche influenzare) le condizioni marine. Chi lo aveva addosso sarebbe stato protetto dalle tempeste marine, ma soprattutto sarebbe stato protetto in caso di ingiuste accuse: non sarebbe mai stato condannato, a meno che non fosse stato lui a confessare spontaneamente le sue colpe. Se ti leggi la storia della nostra povera strega lappone, vedi che le si attaglia abbastanza bene…” secondo gli appunti inviatimi da Lucia. Per questo motivo ho deciso di nascondere un po’ la pietra sotto il mantello di Gundelle. Ah, e il tartan non è una mia confusione geografica: in moltissime foto ho visto donne Sami indossarlo!
Sami, ma chi sono? Forse è più semplice chiamarli “lapponi”, ma questo è un termine con cui vengono identificati dall’esterno, mentre essi stessi -in quanto abitanti di Sápmi (regione geograficamente coincidente con la Fennoscandia) si definiscono appunto popolo Sami. Derivante dal latino medievale Lappones, il termine si rifarebbe all’epiteto con cui il popolo era spregiativamente identificato dagli Svedesi (ossia Lapp): la storia di questa parola ci dice anche della condizione di minoranza in cui i Sami hanno da sempre vissuto, dovendo spartire lo spazio vitale con ben quattro popolazioni diverse (norvegesi, svedesi, finlandesi e russi), sono sovente stati identificati con il loro stile di vita nomade fatto di allevamento di renne, pesca e caccia.
Da popolo nomade certamente il rapporto dei Sami con le forze della natura era, ed è, diverso da quello delle popolazioni stanziali; in particolare vi è la credenza in spiriti naturali invocati per favorire la caccia o la pesca. Questo dettaglio potrebbe essere alla base delle accuse secondo cui le streghe di Vardø sarebbero state in grado di sollevare tempeste, affondato navi e allontanato i pesci dalla riva. Inoltre la religione Sami è caratterizzata dal sciamanismo e dalla credenza di un’anima che può distaccarsi dal corpo (in completa antitesi con le dottrine cristiane): quando ciò accadeva, la persona cadeva in malattia e solo lo sciamano era in grado di riportare indietro l’anima, quindi di curare il malato. Lo sciamano Sami è detto noaide e la sua pratica si avvale dell’utilizzo di un tamburo rituale, ma -soprattutto. è sempre un uomo. Benché le donne non abbiano un ruolo attivo nella religione di questo popolo, possiedono alcuni spiriti tutelari esclusivi che si rifanno alla Vecchia della Terra, chiamata Madderakka, e alle sue figlie (tutte definite Vecchie): se pensiamo ai già citati nessi tra sciamanismo e stregoneria, queste Vecchie sembrano poter agilmente diventare delle streghe dal folclore all’inquisizione.
Sguardo antropologico. E a proposito di folclore, come non pensare alle Selkie, creature femminili che vivono nel Mare del Nord con aspetto di foche, ma che possono svestirne la pelle per risiedere sulla terraferma in forma umana (dove hanno talvolta figli con mani e piedi palmati). Scrive Alfredo Cattabiani: “Si narra che le femmine di foca, come quelle del cigno, possano addirittura assumere sembianze umane per unirsi agli uomini. Ma se l’amante ruba la pelle da cui l’animale è sgusciato per mutarsi temporaneamente in un essere umano, la trasformazione inversa non potrà più avvenire. Nelle isole Faer Øer esiste una leggenda secondo la quale le foche si liberano della loro pelle ogni nove notti, comparendo sulla terra e ballando con i mortali fino all’alba.” Si tratta di un probabile esempio di metamorfosi animale adattato a un particolare contesto ambientale: nel più caldo Mediterraneo le stesse creature hanno coda di pesce e hanno dato origine al mito delle sirene. Per tornare saldamente con i piedi per terra, in tutti i sensi, una delle più straordinarie testimonianze archeologiche di una probabile metamorfosi umana si trova a un tiro di schioppo dal luogo delle nostre vicende stregonesche: si tratta del sito di Alta che presenta incisioni rupestri datate a un periodo che va dal 5000 a.C. circa fino alla nascita di Cristo e che offre una visione unica dei pensieri e dei rituali degli antichi abitanti di quei luoghi. Ai fini del nostro discorso c’è una raffigurazione particolare che ritrae una renna in fuga, che si trasforma poi in uomo, sorvola il paesaggio e viene colpito dalla freccia di un cacciatore; cadendo a terra l’uomo ridiventa una renna. Gli studiosi non hanno dato un’interpretazione unanime di queste incisioni (che, peraltro, sono visibili solo con le condizioni di luce uniche del sole di mezzanotte artico oppure qui) ma alcuni ritengono che sia la prova di una credenza religiosa secondo cui tutte le creature erano in origine animali, in una visione del mondo in cui umano e animale non sono separati, ma interconnessi e per questo sarebbe possibile assumere l’aspetto di una renna o di un orso. Un ragionamento che ci porta vicinissimo all’idea delle Selkie, ma che nel 1663 portò la povera Gundelle al rogo.
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