Lo spettacolo dei mutamenti naturali ha sempre impressionato l’essere umano e stimolato in lui domande. L’umanità cominciò a celebrare cerimonie per far cadere la pioggia, splendere il sole, moltiplicare frutti e bestiame… Il destino di crescita e declino delle cose naturali, umano compreso, venne ugualmente associato agli esseri divini, individuando in alcuni periodi dell’anno un indebolimento delle loro forze.
Il ciclo stagionale era perciò riflesso di ciò che accadeva agli dei e bisognava adoperarsi per aiutare il dio nei momenti critici tramite riti particolari. Il mutamento stagionale più evidente, nelle zone a clima temperato, riguardava la vegetazione con la sua apparente morte invernale e resurrezione primaverile. Nacquero in tutta l’area mediterranea miti che vedevano un personaggio maschile, identificato con la vegetazione, nascere e morire ciclicamente accanto ad una divinità femminile totale che rappresentava la natura, la terra, la vita. Nel Mediterraneo orientale la divinità maschile prendeva il nome di Osiride, Tammuz o Attis ma qui lo tratteremo nella sua versione greca, con il mito di Adone.
Da est a ovest. Il mito di Tammuz e Ishtar, grande dea della fertilità babilonese, confluì in ambito greco nel mito di Adone conteso dalle dee Afrodite (riflesso della divinità orientale) e Persefone; egli avrebbe dovuto passare sei mesi all’anno con la prima nel regno dei vivi e altri sei mesi nell’Oltretomba con la seconda… in quanto incarnazione dello spirito vegetativo, questo spiegava perché la natura apparisse come morta per metà dell’anno per poi rifiorire improvvisamente in primavera.
Primavera o estate? Le feste di Adone in Grecia e in Asia occidentale prevedevano che effigi del dio venissero piante dalle donne quasi come se si trattasse di una sepoltura. Per le popolazioni fenice si trattava probabilmente di una festa primaverile, poiché fonti riportano che avvenisse nel periodo in cui fiume Adonis cambiava colore (per la terra rossa che le piogge facevano precipitare dalle montagne al mare, tingendo le acque di colore sanguigno). In Grecia la sua festa era invece celebrata in estate, facendo coincidere la morte e resurrezione del dio con il ciclo vegetativo del grano che in quel periodo veniva mietuto, per poi rinascere a primavera. Probabilmente le cerimonie greche sono di matrice più recente, quando l’uomo era ormai totalmente in grado di padroneggiare l’agricoltura e la sua fonte principale di sopravvivenza era rappresentata dal grano. Celebrazioni primaverili risultano forse più arcaiche, o quanto meno in linea con una tecnica di sussistenza legata maggiormente alla caccia e alla raccolta.
I giardini di Adone (in Italia). I giardini di Adone non sono altro che piccoli cestini o vasi che le donne riempivano di terra e seminavano a frumento, orzo, lattuga, finocchio e vari tipi di fiori. Le piantine crescevano rapidamente ma, senza spazio per radicare, altrettanto in fretta appassivano e venivano portate via assieme alle effigi della divinità morta. Erano simboli del dio, lo rappresentavano in forma originaria, cioè quella vegetale, e probabilmente avevano valenza di incantesimi per favorire la crescita o la ripresa della vegetazione. Quest’usanza si ritrova ancora oggi in Sardegna, dove i vasi vengono chiamati nenniri, ma anche in altre zone d’Italia quando, verso Pasqua, si seminano piantine -solitamente grano- che vengono tenute al buio e poi depositate sui sepolcri delle chiese il Venerdì santo (così come i giardini di Adone erano collocati sulla tomba del dio defunto).
Una festa della resurrezione. Pare quindi che il momento in cui gli antichi celebravano la morte e resurrezione del proprio dio (che fosse Adone per le popolazioni mediterranee o il re del bosco per quelle continentali) sia venuto a coincidere con la Pasqua, ovvero con il momento del ritorno in vita di Gesù Cristo. L’equinozio di primavera segna il momento in cui da sempre l’uomo ritiene siano da compiere cerimonie per festeggiare la vita, eterna vincitrice sulla morte: si tratta di uno dei periodi dell’anno in assoluto più sacri e per questo vi auguro di festeggiarlo sempre al meglio, qualunque sia la vostra tradizione.
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