Nella cultura europea la tradizionale torta alla frutta natalizia (fruitcake) è diventata leggenda, ma le sue origini sembrano derivare dall’antico Egitto: nel mondo culinario si racconta che gli egizi mettessero torte a base di frutta fermentata e miele sulle tombe dei loro cari defunti e che queste sarebbero durate quanto le piramidi stesse! Successivamente, i soldati romani portarono in battaglia dei dolci simili, fatti con purè di melograni e orzo. Ci sono persino testimonianze di soldati che, durante le crociate, portarono con sé pasticcini carichi di miele in Terra Santa.
Fruitcake oltre il tempo e i confini. Gli antichi romani preparavano un miscuglio di orzo, semi di melograno, noci e uvetta (quasi un’odierna barretta energetica), ma la moderna torta di frutta natalizia può essere fatta risalire al Medioevo, quando la frutta secca divenne disponibile a più persone e il pane fruttato entrò nelle cucine dell’Europa occidentale. Variazioni locali della torta di frutta sono il panforte, dolce e speziato, che risale alla Siena del XIII secolo; lo stollen tedesco, una pagnotta affusolata ricoperta di burro fuso e zucchero a velo di consistenza simile al pane; persino la torta nera delle isole caraibiche è una discendente alcolica del budino di prugne (pudding) britannico. La tradizione di preparare torte alla frutta per occasioni speciali come matrimoni e feste è diventata popolare nel XVIII e XIX secolo, ma come questo prodotto sia oggi associato quasi esclusivamente al periodo natalizio è un mistero.
Superstar italiana. Ovviamente, in Italia se si pensa al dolce alla frutta natalizio non può non venire in mente il panettone. La sua origine è poco nota, legata alla Milano di Ludovico il Moro: si racconta che nasca da un errore nelle cucine di Ludovico stesso e che il servo Toni riuscì a rimediare servendo un avanzo di pasta arricchito da frutta candita, uova, zucchero e uvetta. Il “pan del Toni” piacque a Ludovico che ne decretò il successo. Ma secondo un’altra versione il merito sarebbe da attribuire a suor Ughetta che viveva in convento molto povero e pensò di aggiungere zucchero, uova, burro e pezzettini di cedro candito all’impasto del pane per concedere alle consorelle di mangiare un dolce almeno il giorno di Natale (a Milano ughet è l’uvetta).
Anticamente anche a Milano si celebrava il Natale con la cerimonia del ceppo: la cerimonia è identica a quella odierna del Cacho-fiò provenzale ma in più qui il capofamiglia spezzava una grande forma di pane pregiato (di frumento) da dividere con i famigliari; era una consuetudine molto nota, celebrata perfino dal duca forza di Milano ed è probabile che questi pani grandi, siano gli antenati del panettone.
Il dolce di Natale. D’altronde nel tardo Medioevo i forni di Milano avevano il permesso di cuocere, ma solo a Natale, il pane di frumento: come segno di condivisione e fratellanza in quel giorno non c’era distinzione tra il pane destinato ai poveri (il pan de mej, pane di miglio) e quello consumato da ricchi e nobili (il pane bianco, detto micca). Pare che il duca il 25 dicembre tagliasse tre grandi pani e che una fetta venisse conservata per tutto l’anno… ancora oggi a Natale i milanesi mettono da parte una fetta di panettone da consumare il giorno di San Biagio, protettore della gola (3 febbraio) per proteggersi dai malanni invernali.
Infine, il panettone oggi è diffuso non solo in Italia, ma in tutto il mondo; ma ha sempre avuto questo aspetto? In realtà appare così solo dall’inizio del Novecento, quando Angelo Motta iniziò a produrlo industrialmente e decise di avvolgerlo nella carta paglia, dandogli la forma che tutti oggi conosciamo.
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