Che cos’è il pane? E’ la trasformazione dei chicchi di grano: macinandoli si liberano tutti i nutrienti presenti al loro interno rendendoli, attraverso la panificazione, più digeribili.
In un chicco di grano c’è tutto il necessario al sostentamento.
Non si può però mangiare un chicco di grano: non è buono né nutriente e, come tutti i cereali, deve subire un processo di fermentazione per mezzo di una coltura batterica (i batteri sono presenti ovunque nell’aria). L’ecosistema di batteri che l’essere umano usa da millenni per far lievitare il pane, esponendo la farina bagnata all’aria finché si trasformi in una sostanza molto nutriente, è il lievito madre.
Il lievito madre è vivo ed è difficile da gestire, in quanto organismo vivente è soggetto a continuo mutamento, ma la fermentazione è essenziale per estrapolare i nutrienti e rendere digeribile la farina (che in partenza non lo è).
Il chicco di grano, un seme, ha in sé tutto ciò che serve per dare la vita a una nuova pianta ed è questo potenziale che viene intercettato e immagazzinato nel pane.
Il pane è magia e solo il soffio di una divinità può permettere di sfamare i popoli da una piccola quantità di farina acqua e… aria.
Evoluzione da Madre Terra a Demetra. Esistono miti che raffigurano l’invenzione dell’agricoltura come un gesto violento nei confronti del corpo della Madre Terra (i solchi entro cui si semina, i canali per portare acqua ai campi) e c’è chi ha visto nei rituali di fecondità dedicati alle dee madri, oltre alla richiesta di abbondanza, una forma di espiazione di questo peccato.
Nella traccia del nome Demetra ci viene l’idea che la più antica Madre Terra, intesa come la cosmogonica Gea, sia poi divenuta o si sia differenziata nella dea che presiede all’agricoltura.
Il nome Demetra non ha un’origine certa, ma si ritiene derivi dalla greca Megàle Mèter e romana Magna Mater.
Il grano sta al pane come la natura sta alla cultura.
Il pane segna l’uscita dalla bestialità e la conquista dello stato civile: per Omero “mangiatori di pane” è sinonimo di uomini.
L’opposizione tra natura e cultura si ritrova nella coppia di concetti di crudo e cotto e nell’idea che essa evoca: da una parte la selvaticità, il primitivo, il mondo della foresta e dall’altro la civiltà, il concetto di evoluto e la dimensione del campo coltivato.
Il pane è un alimento gentile e elaborato, diversamente dalla ferocia del consumo carneo, che prevede di cacciare e uccidere l’animale. Il mito medievale del sovrano cacciatore è in contrasto con il pane al centro del sistema alimentare della tradizione greco romana, che lo considera il cibo ideale del cittadino.
Se scegliere un determinato alimento come proprio e rappresentativo di una società, lo stesso equivale però per i processi di produzione: il pane è l’alimento sacro di quelle culture che hanno scelto di sostentarsi attraverso l’agricoltura (e la coltivazione del grano, in particolare), di essere sedentarie e fondarsi sulla collaborazione. Il pane mette in gioco, infatti, una serie di mansioni e conoscenze diverse partendo dal campo, passando per il mulino, giungendo al forno.
La civiltà del pane e del vino nasce nel Vicino e Medio Oriente e diviene europea solo nel Medioevo.
Trasformazione per mezzo del fuoco e della lievitazione. L’essere umano (civile) si costruisce il proprio cibo e questo lo differenzia dagli animali; in area mediterranea è il pane a rivestire questo ruolo simbolico: il pane in natura non esiste, solo gli esseri umani sanno farlo, grazie al loro ingegno, riflessioni e tentativi.
In origine fu la pappa di cereali e acqua, poi il lievito -presente naturalmente nell’aria- produsse delle bolle nell’impasto, che si pensò allora di cuocere: il pane era stato inventato e la magia era che, a partire da una piccola quantità di cibo, si era creato un prodotto molto più grande e molto più nutriente.
Madre che genera e madre che nutre. Farina e acqua danno vita a un cibo potenzialmente infinito: il pane.
Il cibo cotto è più sicuro di quello crudo e la cottura diventa talvolta sinonimo di cura.
I cibi popolari sono quelli farinacei: cereali, castagne e legumi sono gli alimenti che saziano di più e sono storicamente il rimedio alla fame.
Il cibo è trasformato per essere moltiplicato, ma anche conservato oltre la sua stagionalità. E di quanto incidesse la stagionalità nei tempi antichi ci fa riflettere il mito di Persefone.
La farina bianca è difficilmente deperibile e i macchinari moderni l’hanno resa facilmente producibile… ecco perché è oggi la più diffusa (anche se una volta era quella pregiata). La lavorazione industriale ha fatto anche a meno della lunga lievitazione che era la ragione della panificazione: la fermentazione.
Il processo di fermentazione del pane lo rende vero pane.
La magia della lievitazione. La mano umana coltiva e lavora le piante (in questo caso, il grano) ma il divino interviene nella magia della trasformazione, ossia lievitazione e fermentazione.
Lievitazione significa mettere aria nel cibo: il pane è un cibo semplice di soli tre ingredienti -farina, acqua, sale- è nutriente, ma in più diventa delizioso se contiene sacche d’aria al suo interno… i gas intrappolati in fase di lievitazione si sprigionano dal palato alle nostre cavità nasali esaltando il gusto.
Quando si mangia pane, si mangia soprattutto aria.
Se si lasciano riposare farina e acqua, dopo un po’ si formano bolle di anidride carbonica per effetto dei microrganismi presenti nell’aria: il pane che lievita non è altro che il gonfiarsi, come palloni, di questi microrganismi. Si forma così il glutine, ovvero due proteine intrecciate che creano la materia -molto elastica- che permette di trattenere l’aria all’interno del pane; è grazie al glutine che gas e aromi vengono percepiti dall’olfatto nasale.
Il pane, i pani, il forno, il focolare. Il forno è il manufatto che media il contatto tra il cibo e il fuoco diretto (il fuoco diretto arrostisce, soprattutto la carne, un alimento meno culturale del pane). Proprio come la pentola, con cui condivide talvolta il materiale con cui è fabbricato, diventa simbolo della domesticità. Il fuoco su cui si arrostisce viene addomesticato e protetto/imprigionato nel focolare, lo stesso luogo in cui viene protetta/imprigionata la donna: il forno diventa allora un doppio del corpo divino che, tramite il potere femminile di trasformazione, sostenta la comunità.
Il pane è stato molte cose: quello dei contadini europei era scuro e a base di cereali inferiori quali spelta, orzo e segale, anche se il pane che si desiderava mangiare era quello bianco dei signori. In momenti di estrema povertà si sfornavano i pani di carestia, quando -pur di mettere qualcosa sotto i denti- alla poca farina disponibile si aggiungevano ingredienti non sempre salubri, come argilla e terra.
La forma del pane, generalmente tondeggiante, lo rende una pentola a pressione: è sotto la crosta infatti che gli amidi si cuociono e diventano digeribili, il pane si cuoce da dentro verso fuori. E nelle occasioni di festa era abitudine dargli una forma particolare -connessa alla celebrazione del momento- dando al pane il valore di sacralità, di cibo come comunione con la divinità. Un’entità sovrannaturale che, a partire dal Neolitico (quando il forno era presente anche nel tempio), è stata identificata con la femminilità e il focolare: la scoperta dell’agricoltura, attribuita alle storicamente alle donne, e associata nel mito ai doni di Demetra.
Per approfondire.
Showbread e pani, cosa sono e quando si mangiano.
La divinità Tellus Mater.
La Madre del grano.
Cosa mi ha aiutato a scrivere questo post:
“Donne sacre” di F. Cradini e M. Montesano
“Il cibo come cultura” di M. Montanari
L’episodio 3 della docuserie “Cooked” di M. Pollan
“Il dono del pane” articolo di M. Luciani Russo (qui)
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