Perché così tante figure anziane sono collegate al Natale? Ormai ci è abbastanza facile rispondere a questo quesito: se al solstizio la Natura, l’anno, il Sole tornavano a nuova vita, in pratica rinascevano, è scontato pensare che quei personaggi vetusti altro non siano che la personificazione del tempo stesso che, giunto alla fine dei suoi giorni, regala le ultime cose buone di sé prima di rigenerarsi, crescere nel freddo e quindi sbocciare di nuovo in primavera.
La Natura è femmina. Abbiamo visto, analizzando creature particolari come le Ninfe, che le antiche popolazioni europee pensavano la natura con un aspetto prettamente femminile, una fanciulla che cresceva nel corso dell’anno e le cui stagioni andavano a corrispondere ai momenti fondamentali della vita divina. All’inizio di questo blog avevo preso in considerazione le usanze contadine di eleggere una regina di primavera con il significato di celebrare contemporaneamente la giovinezza umana e il momento di massima esuberanza della natura, prima dell’intenso periodo del raccolto, quando la terra viene poi vista come una madre generosa che concede i frutti del duro lavoro (esempi di ciò sono Demetra e la Madre del grano nordica).
La Vecchia Dea. Ormai sappiamo che se assecondiamo la lettura della natura come essere divino femminile dobbiamo fare i conti anche con il suo carattere mutevole (come se i cambiamenti stagionali non fossero quasi conferma della sua mutevolezza, ma qui è l’adagio dell’uovo e della gallina: non sappiamo se è nata prima l’idea di una Madre Natura che cambia faccia a ogni stagione o se il fluire del tempo sia diventato una peculiarità della Dea primordiale…); così come abbiamo visto che la Dea si presenta spesso nei suoi tre aspetti vitali di Vergine, Madre e Vecchia non dobbiamo stupirci che proprio a quest’ultima venisse riservato un trattamento di maggior rispetto: il momento più critico dell’anno era per l’essere umano il solstizio d’inverno, che rischiava di portarsi via per sempre il Sole, fonte di vita, e perciò era particolarmente importante essere devoti alla divinità che presiedeva la fine dell’anno.
Portatrice del sole. La Dea è giovane, cresce e invecchia ma -a differenza per esempio di tutti gli spiriti maschili della vegetazione che muoiono e rinascono- non sembra avere mai un effettivo decesso (né di conseguenza una relativa rinascita): la Natura semplicemente si ricrea di continuo da se stessa. Non è lei il Sole che muore sul fare del solstizio, ma è lei a portarlo a nuova vita, quasi al di sopra -anzi, proprio al di sopra!- delle leggi naturali, forza immanente che sempre sta e che al più cambia aspetto. Questa dea portatrice del sole era per i Germani Holla, che diventa nei racconti dei fratelli Grimm Frau Holle (“la Signora Holle”) e nelle mascherate invernali la terribile Perchta, dea demoniaca alla guida della celebre Caccia selvaggia. Vi lascio con un po’ di curiosità perché domani incontreremo un’altra orrenda Megera, erede della Dea preistorica europea, per poi tornare sul tema della Caccia guidata da una divinità femminile e terminare così il nostro piccolo (e incompleto!) viaggio tra le dee invernali…
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