Un tempo l’essere umano celebrava la natura attraverso una delle sue più grandi conquiste: il fuoco.
Se l’Homo sapiens non avesse imparato a manipolare il fuoco, noi non saremmo qui a parlarne… diede all’umanità antica calore, cibo, protezione: in una sola parola, sopravvivenza. Non stupisce perciò che nei momenti importanti dell’anno si accendessero dei falò, specialmente in alcuni periodi precisi. Sui fuochi venivano bruciate le effigi in paglia che rappresentavano lo spirito della vegetazione (come abbiamo visto qui) e una delle principali feste del fuoco di tradizione celtica, chiamata Beltane, cadeva tra la notte del 30 aprile e il Primo Maggio. Si usava allora accendere i falò sulle alture, secondo la tradizione di questo popolo di officiare i riti all’aperto, e disperdere poi le ceneri nei campi perché fecondassero la terra e portassero raccolti abbondanti. Primo maggio e Primo novembre erano le principali feste dei Celti, in quanto date d’importanza primaria per il pastore e le sue greggi.
Beltane (o Beltene): “fuoco splendente” o “fuoco bello”. La festa era associata al ritorno ai pascoli, all’inizio dell’estate e al benvenuto al calore solare, che favoriva la crescita delle messi e del bestiame. Si facevano falò per incoraggiare i raggi del sole a penetrare la terra per magia simpatetica. Si pensa che i druidi accendessero due fuochi in mezzo ai quali venivano fatti passare gli animali in un magico rito di fertilità. La festa potrebbe essere legata al dio celtico del sole e della guarigione Belenus (la comune radice bel- indica infatti la luce brillante) dato il collegamento con l’allevamento del bestiame, ma parrebbe trattarsi in realtà di una festività tipicamente irlandese nota con nome di Cètshamain, e questo rito non sarebbe da attribuirsi a tutto il mondo celtico.
Festa della fertilità. Un elemento che indica il carattere propiziatorio della festa di Beltane sarebbe da osservarsi nelle misteriose cerimonie, anche recenti, praticate dagli abitanti di Cerne Abbas (Dorset, Inghilterra) nei pressi del cosiddetto gigante: un’incisione di quasi 60 metri di lunghezza intagliata nel suolo erboso fino a far comparire lo strato gessoso sottostante. A una ventina di metri dalla testa del gigante, che appare nudo, il Primo maggio veniva piantato un palo attorno a cui ballavano le persone, secondo un rito di fertilità indotto dalla virilità del gigante.
Bruciare le streghe. Il valore simbolico del fuoco rimase anche in epoca cristiana, ma gli spiriti evocati dai celti pagani erano interpretati dai seguaci di Cristo come entità malvagie da cacciare e il momento migliore dell’anno cadeva nella notte di Valpurga, la vigilia del Primo maggio, quando si credeva che i poteri funesti di queste creature fossero al culmine. Altra usanza riportata il giorno di Valpurga era piantare nei campi i legni e gli stecchi anneriti dai falò in cui era stata bruciata la Vecchia, fantoccio con fattezze umane che veniva arso durante le celebrazioni per la fine dell’inverno, come abbiamo visto qui, e preservare le coltivazioni da parassiti e malattie in accordo con il carattere di fecondità della festa (la Vecchia potrebbe essere sopravvissuta nell’immaginario dei contadini europei, con uno spostamento di funzione quasi certamente indotta dalla Chiesa, per poter mantenere una tradizione ancora più antica come suggerito, tra gli altri, da Carlo Ginzburg in Storia notturna).
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