Tradizionalmente, quando si parla dell’origine di Dioniso, la si attribuisce alla Tracia o alla Frigia; oggi però si ritiene più probabile che tutto abbia avuto inizio a Creta e che gli elementi orientali del suo culto siano dovuti a un successivo ritorno, assieme ai migranti dell’Anatolia occidentale, proprio dalla sua espansione verso est (questo andirivieni troverebbe un riscontro mitico nella vicenda del dio e il suo infinito peregrinare).
Era associato non solo alla vite, ma a molte altre piante (melograno, fico, pino, edera, mirto): tutti vegetali che lo rendono un dio degli alberi, mortale, fallico e preposto al ritorno dei morti. Le mille contraddizioni di questa figura mitologica ci fanno capire che è stato presente ovunque e che ogni popolo ha sentito la necessità di averne la propria versione locale.
Noto in tutto il mondo mediterraneo e fino in India, Dioniso ha avuto molti volti, nomi e funzioni… vediamone insieme alcuni.
Il più antico Dioniso. A Creta si confonde con il dio bambino Zagreo, grazie anche al collegamento con la vite (che pure è una coltura molto più tarda, indicando quanto sia in realtà longevo il suo culto): ritenuto la prima forma del dio Dioniso, il suo nome significherebbe “Grande cacciatore” il che lo renderebbe anche il progenitore del mitema tipicamente europeo della Caccia selvaggia; in questo mito egli è figlio di Persefone e del serpente-Zeus, rapito in infanzia dai Titani, fatto a pezzi da questi e divorato vivo (diasparmagós), pratica adottata anche dalle sue sacerdotesse, le Menadi. In questa fase della narrazione ha sembianze di toro, quindi verosimilmente viene ucciso proprio in questa forma: a Creta, antica terra di bosco come si è detto nello scorso post, è improbabile che l’allevamento bovino fosse possibile e i pochi tori presenti sarebbero allora stati animali speciali, allevati esclusivamente per i sacrifici (il che ci dice molto sulla sacralità del toro a Creta… Minotauro e Minosse, dopotutto, nacquero qui). Un personaggio smembrato si ritrova nella stessa vicenda dionisiaca -il re Licurgo si inimicò Dioniso e l’unico modo per placare l’ira divina fu appunto il suo sacrificio per smembramento- e il più celebre dio fatto a pezzi, Osiride, condivide una particolarità con Dioniso: in un’altra versione del mito quest’ultimo sarà infatti ricomposto da una dea, Demetra (dea della terra come Iside).
Altro nome di Dioniso era Sabazio, questa volta per assimilazione a una divinità della Tracia: anch’egli fatto a pezzi e collegato al serpente e all’edera, era probabilmente diventato una versione locale di Dioniso per via dei rituali misterici in suo onore che prevedevano il consumo di vino (in origine Sabazio era il dio dell’orzo, da cui si ricavava una sorta di birra; l’utilizzo di bevande inebrianti potrebbe aver dato vita al sincretismo tra i due). Dopotutto questo era anche il motivo per cui venne identificato poi con Bacco, dio del vino.
Dio vegetale. A Iacco (da iakké, grande grido) era accostato per le cerimonie dedicate a un dio bambino; e per questo motivo a Roma Dioniso-Iacco venne associato all’antico dio italico Libero, celebrato il 17 marzo: nel corso dei Liberalia i giovani si tagliavano i capelli e indossavano la toga, entrando nel mondo degli adulti. Ma il latino liber indica anche il libro, ovvero la parte più interna della corteccia d’albero, che trasmette la linfa dalle foglie alle radici. E in Grecia Dioniso era noto anche come Éndendros (“dentro l’albero”)… un po’ dappertutto era venerato come il protettore degli alberi. Era infine Bromio: rumoroso, nel senso di frusciante, per il rumore prodotto dal brusio dei rami agitati dal vento (da cui si potevano trarre oracoli, come facevano le celebri sacerdotesse di Dodona, che profetavano per mezzo dei suoni emessi dalle fronde dell’imponente quercia che dava il nome al luogo stesso).
Bacco sarebbe solo l’ultima forma di Dioniso e questo perché la coltura della vite e l’arte del vino non sono originarie della Grecia né di Creta, ma provengono dall’Asia Minore: a seguito della diffusione della vite, il dio del delirio sacro e quello della bevanda che causa ebbrezza, sono diventati uno solo. Ciò potrebbe anche essere stato facilitato dalla vicenda del dio Zagreo fatto a pezzi, gettato in un paiolo, sacrificato per tutti, che muore e rinasce esattamente come fa l’uva tagliata e pestata per rinasce come vino. Il vino come sangue del dio. E perciò inglobato nelle celebrazioni delle feste dionisiache.
Dio di morte e (per questo) di vita. Il vino era misterioso e appariva vivo agli occhi degli antichi, il cui processo ricordava quello dell’esistenza umana, con i bollori caotici della giovinezza e la successiva maturazione. La vicenda di Dioniso era paragonabile non solo a quella del vino, ma anche a quella dell’iniziato: dopo un sacrificio si nasceva, una seconda volta, e diversi da prima.
La vendemmia avviene poi nei giorni in cui, tradizionalmente, si assiste al ritorno dei morti (tra estate e inverno) e qui possiamo ritrovare il Grande Cacciatore a capo del corteo di defunti.
Durante le Antesterie greche, svolte in primavera, si celebrava Dioniso nella sua esplosione di vita ma il terzo giorno (il 13 di Anthesterión) era contrassegnato da un clima cupo poiché i morti tornavano in questo mondo. Le Antesterie celebravano il vino dell’ultima vendemmia, giunto alla seconda fermentazione, e desacralizzato all’apertura degli otri.
Se Dioniso è diventato (anche) il dio del vino è perché a monte è una divinità della linfa, il sangue delle piante, che in primavera risale nella corteccia da terra e in autunno discende nel mondo dei morti (era detto anche Fleonte, da phloiós, il libro la parte interna della corteccia = a liber).
Il vino agisce all’opposto della linfa, che d’inverno vegeta nel suolo: non solo continua a vivere, ma anzi ribolle e fermenta in un’operazione che avviene al buio delle botti; infine si quieta in primavera quando, invece, riprende il lavorio della linfa vegetale, in una contrapposizione che ricorda la somiglianza e diversità delle due piante dionisiache per eccellenza, vite e edera. A fine febbraio finalmente si può infrangere il divieto di togliere il tappo e il vino nuovo può uscire alla luce per essere consumato ritualmente: è il risveglio delle linfe.
Le linfe ribollono naturalmente a primavera (queste non per un intervento umano, com’è il vino): che sia la linfa degli alberi, la fregola degli animali, il polline dei fiori per gli antichi quest’esplosione di vita era posta sotto il segno di Dioniso.
Per approfondire.
I nessi tra edera, vite, sostanze inebrianti nel culto delle Menadi.
Dioniso come spirito della vegetazione.
Un’altra figura, di tutt’altro background, ma connesso al vino e alla vegetazione: San Martino.
Zeus-serpente scolpito su roccia (a Bard, in Valle d’Aosta).
La Caccia selvaggia e il periodo natalizio.
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