Billie Joe: da cavaliere jedi ad archetipo dionisiaco
Inevitabilmente sono qui a parlarti di nuovo di musica. Ma sarà perché in quelle circostanze risuona attorno a me il divino? Ammetto che è un concetto difficile da spiegare, la via più breve sarebbe dire che l’archetipo maschile che mi domina è Dioniso, ma non sono certa che sarebbe evidente come lo è per me. Provo a dirlo con qualche sconclusionata riga qui sotto.
Dioniso era la divinità dell’ebbrezza, della sfrenatezza e della libertà (intesa come sospensione delle regole comportamentali della società). Non a caso, ciò che più si avvicina ai raduni dionisiaci oggi, probabilmente, è il rave. All’epoca dei Greci le Dionisie erano viste come un’occasione per sbronzarsi e inzuppare il biscotto (grazie Mr. Welsh per questa, sempre eloquente, espressione), quasi quanto oggi il rave sarebbe il pretesto unico per calarsi l’impossibile. Non lo so, non conosco nessun raver, ma sono abbastanza disallineata dal pensiero generale per cogliere dove il fango può essere facilmente lanciato dai benpensanti. Dopo tutto un rockshow era, una manciata di decenni fa, sufficiente mal visto da reggere il confronto.
Una domenica pomeriggio mi sono ritrovata in mezzo a poco meno di 80.000 persone per vedere tre individui, per ascoltare la loro musica e, fondamentalmente, fare qualsiasi ca**ata ci avrebbero chiesto di fare (non ci hanno chiesto di fare nessuna stupidaggine, peccato). Il menestrello stralunato di questo raduno di teste colorate, piercing, birra e sorrisi: il magnifico Billie Joe Armstrong dei Green Day.
Ma, per quanto il suo lavoro sia principalmente far saltare, cantare, urlare, ballare, ridere, piangere le persone sotto di lui, esaurita l’adrenalina del momento… cosa ci è rimasto poi?
Come adepti che conoscono tutte le preghiere della cerimonia, anche noi abbiamo urlato le parole che i Green Day hanno seminato, attraverso le loro canzoni, negli anni. Anche quelle più assurde hanno un senso in una messa rock’n’roll e, per quanto ci fossero persone recatesi lì come a un pellegrinaggio e altre semplicemente curiose (sicuramente qualcuno che si è trovato lì quasi per caso con un biglietto in mano), ci sono stati dei momenti in cui tutti i cuori erano sintonizzati sulla stessa cosa.
Chiamatela anarchia, antifascismo, libertà, disillusione… Billie Joe, più che un menestrello, per me era un cavaliere che brandiva la chitarra come una spada, pronto a lanciare tutti i nostri cuori in un battaglia contro il male.
La musica, e certi suoni e frequenze m’insegnano, hanno degli effetti precisi sulla nostra persona. Non diversamente le parole. Il nostro cavaliere Billie Joe ci ha trascinato dentro cori e melodie contro le forze oscure. Se solo fossimo ancora capaci di lanciarci dietro le parole, saremmo un esercito bellissimo.
“Non siamo soli! La brava gente combatterà, se la guidiamo!”
La musica è fatta di suono e parole. E le parole feriscono, ma non fanno sanguinare… sarebbe un bel modo per risolvere i conflitti (militari).
Forse questa è la vera lezione di Dioniso: nato in un’epoca perduta nella notte dei tempi in cui, pare, non si conoscesse ancora la guerra, e cresciuto poi nel fragore delle armi, la sua ricetta per mediare la diversità era piuttosto semplice… balliamo, cantiamo, sbronziamoci e che la vita, semplicemente, viva.
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