Questo è un post che parla di Bilia la Castagna. Una donna passata alla storia con tale nome… ma di chi si tratta in realtà?
Se digitate sul web, vi usciranno diversi rimandi (molti fastidiosissimi copia-incolla) e le poche informazioni ottenute saranno più o meno che si trattava di una signora che, alla metà del Trecento, preparava losche bevande a base di pupù di rospo nella campagna torinese.
La nostra Bilia, celebre soprattutto per la sua comparsa in Storia notturna di Carlo Ginzburg, e il cui nome apparentemente buffo non ha alcuna connessione dendrolatrica con l’albero di castagne, rispondeva probabilmente all’appellativo Sibilia/Sibilla; “la Castagna” perché maritata a un uomo di cognome Castagno (piuttosto diffuso in Piemonte, peraltro). E una delle poche certezze biografiche che abbiamo è la data della sua morte, avvenuta nel 1372 ad Andezeno, piccolo paese alle porte di Torino, secondo quanto possiamo apprendere dagli atti dell’inquisitore del tempo, Antonio da Settimo.
Nei registri inquisitoriali Bilia risulta essere tra i personaggi più importanti di una setta eterodossa che aveva sede proprio nel villaggio: a capo del gruppo c’era un magister, ma è possibile che le donne ricoprissero ruoli significativi perché le ritroviamo citate a due a due (questa era ad esempio la formazione tipica dei predicatori itineranti dell’epoca). E Bilia un incarico specifico lo aveva eccome: era la detentrice dell’ampolla, utilizzata in un rituale eucaristico, al quale partecipavano gli adepti alla setta.
Non abbiamo grandi certezze sull’orientamento religioso di queste persone, a volte sono definiti valdesi, altre catari, ma sappiamo che rientravano certamente nel calderone degli eretici medievali (sul termine “valdesi” a indicare genericamente le eresie del tempo, avevo parlato quando realizzai il pupazzo di Aymonet Maugetaz).
Effettivamente il Trecento è animato da grandi cambiamenti religiosi, uno dei più importanti è il diffondersi della cosiddetta eresia, sentimento popolare che nasce in più zone d’Europa in contrapposizione ad alcuni aspetti del credo e dei riti cattolici, e che assume varie forme. Tra quelle citate, tenendo in considerazione che -nel Medioevo- non si sbagliava a usare il termine valdese per ogni tipo di eterodossia, vi è anche il catarismo: e proprio nella vicina Chieri, cittadina a vocazione mercantile e nella cui orbita gravitava il paese di Andezeno, esisteva una setta di catari.
Tecnicamente dire “in Chieri” è sbagliato, perché negli stessi anni, la società nobiliare chierese era spaccata in due fazioni, una delle quali era stata bandita dalla città e risiedeva nei castelli sparsi nelle campagne circostanti. A questi nobili, rancorosi e desiderosi di ritornare nelle posizioni di potere di Chieri, rispondono diversi nomi comparsi nei registri inquisitoriali di Antonio da Settimo (e quindi sospettati o considerati eretici).
Ma non è il caso di Bilia. Già scosso da guerre, epidemie e carestie, una grossa nube si profilava all’orizzonte del Vecchio continente: il fenomeno passato alla storia come Caccia alle streghe. Era questo, Bilia la Castagna? Una strega di paese che preparava filtri con ingredienti di dubbia natura? O era una figura chiave della setta eretica locale, con l’incarico di detenere la fiala utilizzata nei riti d’iniziazione, ruolo così importante da essere poi lasciato in eredità alla cognata Agnesina?
Benché precoci rispetto la persecuzione delle streghe, la deposizione in cui si dice che Bilia allevava un grosso rospo sotto il letto, nutrito a carne, pane e formaggio fornirà elementi fertili per tracciare più tardi le linee guida degli inquisitori. Non sapremo mai quanta parte ebbero le accuse contro la donna (datate al 1387, anno del processo in cui viene citata) nel costruire l’immagine del sabba, usato di lì a poco per mandare centinaia di persone al rogo con l’accusa di stregoneria; ma sappiamo quanto utile sia stato agli studiosi moderni e contemporanei ritrovare queste parole per comprendere meglio una parentesi, decisamente oscura, della nostra storia.
Di Bilia non sappiamo nulla, eppure conserviamo straordinariamente memoria dei suoi ultimi istanti di vita, attraverso le parole di Antonio Galosna che ricordò il rituale del consolamentum della donna, cerimonia segretissima in cui le persone in fin di vita andavano incontro a una morte assistita a completamento di un’esistenza fatta di dedizione e fede radicale.
Il maestro della setta di Andezeno, Lorenzo di L’Ormea, giunto al capezzale di Bilia:
Le diede la bevanda e poi, tenendo in mano il pezzo di pane, disse alla donna: “Ti ricorderai di questo.”
Per approfondire.
A proposito di Storia notturna di Carlo Ginzburg.
Un articolo sulle Masche del folclore piemontese.
La prima puntata della serie stregonesca in collaborazione con Lucia “Penna spuntata” Graziano: Sibilla e Pierina, streghe milanesi.
… Bilia vi sembra un’ottima candidata per una futura Masca con Lucia? Chissà, chissà… 😉
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N.d.r. La citazione finale in corsivo è tratta da “L’eresia diffusa : segmenti ortodossi nel Trecento alpino e subalpino (diocesi di Torino) secondo le rivelazioni all’inquisitore di Antonio Galosna e Giacomo Bech” di Luca Patria e Piercarlo Pazé, in “Valdo e Francesco : Inizi e sviluppi di due movimenti religiosi dai conflitti alla convivenza”, Collana di studi storici Convegni del Laux
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