Ricordate quando abbiamo parlato di cambiamento nella struttura della leggenda di San Nicola e del suo compagno? Avevamo posto l’accento sul fatto che in origine le due figure fossero degli yulers, spiriti che vagavano per il mondo nel momento caotico del solstizio d’inverno e che per essere placati e ricevere da loro abbondanza e fertilità dei campi, andavano omaggiati di doni adeguati. Nel caso dei più piccoli, il dono che potevano fare agli yulers era comportarsi bene durante tutti gli altri giorni dell’anno… poi la modernità e il cristianesimo hanno rovesciato le parti e i bambini hanno avuto la meglio: il pegno era sempre l’essere buoni, ma almeno gli strani personaggi adesso portavano qualcosa per cui ne valesse la pena! Questo ribaltamento dei ruoli ha un omologo anche nella sperduta Islanda…
I doni nelle calzature. Se nei paesi germanici i bambini sistemavano gli stivali accanto al camino perché Odino vi depositasse dei doni, in cambio della paglia e delle carote che erano state infilate lì per il suo destriero, in Islanda è usanza mettere le scarpe fuori dalla porta perché gli jólasveinar, creature sovrannaturali simili a piccoli orchi, vi lascino dei dolcetti. Secondo una famosissima leggenda islandese di origine medievale, sul fare del Natale compaiono nelle calze appese dai bambini al camino, i doni lasciati dal troll femmina Grýla che presenta molte similitudini con la nostra Befana: un essere spaventoso femminile (i troll sono creature non umane che vivono in luoghi solitari e selvaggi, simili all’orco dei racconti infantili e di certo dal carattere complicato) di cui i piccoli hanno paura. Certo, caratterialmente Grýla e la Befana non hanno nulla in comune perché se la nostrana vecchietta al massimo lascia un po’ carbone ai bambini birbanti, la sua collega islandese ci va giù un po’ più pesante…
Un Natale pauroso. In effetti in questo periodo Grýla lascia la grotta di montagna in cui vive per scendere nei villaggi assieme ai suoi 13 figli, noti come i Ragazzi del Natale (proprio gli jólasveinar!), e si dirige di casa in casa per controllare come si siano comportati i bambini umani… e per quelli che non sono stati buoni c’è in serbo una sorte terribile poiché Grýla li prenderà uno a uno per tuffarli in un pentolone e cucinarli in un saporito stufato per la sua famiglia! Come se non fosse abbastanza, spesso è accompagnata dal suo gatto nero Jólakötturinn (“il gatto di Natale”) che va in cerca di chi non ha lavorato in estate, e perciò è rimasto senza vestiti caldi per l’inverno, per divorarlo.
La strega e il periodo dell’anno. Per queste evidenti ragioni Grýla si è meritata l’epiteto di Strega del Natale, nome con cui è nota nel folclore dell’isola, e i suoi figli sono inoltre protagonisti di una serie di peripezie e scherzi ai danni degli abitanti dei villaggi: dal 12 al 24 dicembre abbandonano le dimore montane per recarsi uno ad uno tra le persone e combinare guai (in chiave anche buffa, come rubare le candele natalizie fatte di lardo o le pentole per leccarne l’unto); e poi dal 25 dicembre al 6 gennaio rientrano uno dopo l’altro nella loro caverna fino all’anno successivo, esempio perfetto di soggetti accostabili ai Krampus e agli Julebukkers. Il loro incedere potrebbe trovare una spiegazione nel computo dei giorni di un periodo particolarmente significativo della vita umana (tra l’altro più si sale a Nord e maggiormente sono percepibili gli effetti del solstizio), ma il legame tra una serie di figure quasi demoniache e un personaggio femminile ci può suggerire una variante locale del corteo di Diana con cui concluderemo la nostra trattazione delle dee invernali.
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