Oggi domenica 5 dicembre è il World Soil Day, ovvero una giornata mondiale che si tiene ogni anno in questa data per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza del suolo sano e della gestione sostenibile delle risorse del suolo. Ogni anno la tematica cambia, per il 2021 è stato posto un focus sul problema della salinizzazione, ma io non posso esimermi dal dare un taglio storico a questa giornata e ho deciso di parlarvi di un’antica divinità che si chiamava -pensate- Tellus Mater, ovvero la Madre Terra.
Dea autosufficiente. Tellus è solo l’ultima di numerosi personaggi mitici che abbiamo imparato essere figurazioni per l’essere umano di qualcosa troppo astratto da pensare e da comprendere; la Madre terra non è solo quella materia più o meno granulosa, più o meno marrone, nera o rossiccia che calpestiamo con le suole quando siamo al parco o facciamo un giro in campagna: per gli antichi era la rappresentazione di qualcosa di più grande e importante, che riguardava vegetali e animali, ovviamente minerali, ma anche la vita e la morte… era praticamente il Tutto. Tellus Mater nello specifico era una divinità italica che, come altre, aveva subito un restyling culturale con la fortuna a Roma della civiltà greca. Terra Mater o Tellus Mater era la divinità preposta al culto dei morti, essenza che conteneva le forze della vita e della rigenerazione; è questo il momento in cui la terra si afferma come luogo di sepoltura. Identificata in epoca tarda con Cerere e con la sua controparte ellenica Demetra, non è però omologa di Gaia/Gea perché non si contrappone a un dio maschio che la fecondi, ma anzi è partenogenica (in grado ciò di procreare da sola).
Mille volti e nomi. Spesso veniva raffigurata sdraiata a terra, attorniata da frutti, spighe e animali che devono a lei la prosperità mentre suoi attributi erano la cornucopia, simbolo di abbondanza, e il serpente, elemento ctonio che vive nei recessi della terra. Tellus era in origine una divinità agraria la cui influenza agiva direttamente sulla semina e le messi, ma dal suo nome possiamo desumere come opera sua fossero anche i movimenti stessi del suolo, ovvero i terremoti (questo tratto, lo avevamo già visto parlando di Poseidone, connota le divinità che ne sono preposte come le più arcaiche). Essendo a contatto con la vita dell’umano da sempre, non stupisce che la terra abbia mutato volto continuamente con l’evolversi della specie umana: nelle cerimonie contadine moderne e contemporanee ha il viso di Maria e il suo legame con il fertile suolo è riscontrabile nella grande venerazione per le Madonne nere, il cui carattere scuro evoca ancora nei devoti profonde associazioni con il colore proprio della fertilità e della terra. Nelle culture storiche e protostoriche del continente prende il nome di Demetra, Madre del grano, Nerthus, Cerere (e mille altri a seconda di quale sua sfumatura venga enfatizzata), ma prima ancora era la Dea raffigurata nelle statuette note come veneri preistoriche.
Tondo fertile. Analizzando usi e costumi sparsi per l’Europa è stato ipotizzato che le statuette di donne potessero essere collegate con particolari riti di fine raccolto, poiché esistono prove di una loro connessione con cerimonie legate all’utilizzo del forno e della cottura del pane (dopotutto proprio nei paesi del Nord avevamo osservato che l’ultimo covone di grano rappresenta un prodotto culturale variegato). Se l’apogeo della dea gravida, così raffigurata dalle statuette, è ovviamente da individuarsi nell’era agricola del Neolitico, la sua origine è tuttavia anteriore e risale al Paleolitico. Interessante è notare come la rotondità di queste divinità scolpite fosse posta in risalto dalle mani appoggiate sul ventre -gesto che inequivocabilmente indirizzava l’attenzione sulla gravidanza- ma che altrettanta enfasi fosse posta sulle cosce e sulle natiche, anch’esse esageratamente tonde: tutte le parti grasse del corpo erano importanti in quanto simbolo di pregnanza e crescita (e avevamo già incontrato la forma tondeggiante come simbolo culturale di abbondanza parlando dell’insospettabile mela!). Il fatto che alcune statuette portassero su queste parti corporee il calco di veri chicchi di grano non può che confutarne il valore accrescitivo. Tondo è anche il pianeta che abitiamo e se, quando qualcuno ha cominciato a porsi delle domande sul nostro posto nell’universo, non dobbiamo stupirci che abbia deciso di chiamare questa nostra casa sferica proprio Terra!
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