Abbiamo osservato in più occasioni come gli antichi tenessero da conto nelle loro credenze il potere generativo femminile riversandolo in figure di dee dell’abbondanza: nello scorso articolo abbiamo citato le Deae Matres celtiche, divinità locali chiamate a proteggere la casa, la famiglia e la stirpe spesso raffigurate iconograficamente come tre figure femminili (a volte di età differenti come fanciulla, donna adulta e anziana). Un certo numero divinità celtiche e germaniche, accanto alla capacità di portare fertilità, possiedono il dono della preveggenza: la norrena Freyja ne è un esempio calzante, ma vorrei mettere qui in evidenza anche un altro suo tratto peculiare. La dimora presso cui vive si chiama Folkvangr, cioè “campo del popolo” o “campo di battaglia”, poiché accoglieva ogni giorno metà dei caduti in battaglia (l’altra metà spettava a Odino). Come spiegare questa connessione tra il mondo guerriero e la morte e la sfera della fertilità, dell’amore e del desiderio sessuale, che pure le sono propri? Nel pensiero di Celti e Germani vi era in realtà una stretta correlazione fra questi aspetti della realtà poiché, come abbiamo ormai imparato, per gli antichi gli Inferi non erano solo destinazione dei defunti, ma anche punto di partenza di ogni nascita: la terra era un vero e proprio contenitore di vita in fermento.
Tutto ciò che abbiamo detto fin qui, può essere ben riassunto nella mitica Morrigna, triade di dee-guerriere legate alla fertilità e alla prosperità dell’Irlanda: solite apparire ora come giovani fanciulle, ora come vecchie streghe, a volte singolarmente, a volte come tre divinità ma comunque rappresentante un’unica identità, un unico carattere, un’unica personalità.
Morrigàn: la guerra, la fertilità, la preveggenza. Conosciuta anche come la “Regina delle Illusioni” o “dei Fantasmi”, appartiene al gruppo di dee della guerra irlandesi che appaiono in forma singola o triplice e combinano un ruolo guerresco a uno sessuale. Non le vediamo mai ingaggiare personalmente battaglia, ma hanno il potere di condizionare psicologicamente gli eserciti, conoscono anticipatamente l’esito degli scontri e hanno la capacità di mutarsi in umane o animali: è in forma di uccello necrofago, cornacchia o corvo, che la Morrigàn compare più spesso. Quest’ultima possiede inoltre un potente simbolismo sessuale e di fertilità dato che si accoppia ritualmente con il progenitore divino, il Daghda: la leggenda narra del loro incontro il giorno di Samhain, quando appare in un’altra delle sue forme comuni, ovvero la “Lavandaia al Guado” che sciacqua le armi dei guerrieri prossimi alla morte (segno di un altro dei suoi ruoli specifici, quello di profetessa).
Queste dee sono intercambiabili: per esempio, sia la Badbh che la Morrigàn si trasformano in corvi o cornacchie sui campi di battaglia. La Badbh, il cui nome significa “rabbia”, “furia” e “violenza”, può apparire in forma di cornacchia o corvo, e viene allora chiamata Badbh Catha (in Alta Savoia era probabilmente identificata con la dea-corvo Cathubodua di epoca romano-celtica) e, come le altre, ha il potere di portare scompiglio tra i soldati: in forma di cornacchia vola sui campi di battaglia annunciando sventura e la sua comparsa può predire la morte di qualcuno. Appare a volte sotto forma di orrenda strega nera messaggera di disgrazie o come “Lavandaia al guado”, ma anche sotto forma di tre figure nere, nude e sanguinanti, con corde intorno al collo, a simboleggiare la morte e forse persino il sacrificio umano. Anche Macha è una divinità triplice, a volte vista come entità singola dai tre aspetti diversi: è infatti profetessa, guerriera e matriarca e rappresenta in pratica la sovranità e fertilità dell’Irlanda.
Il corvo e la cornacchia. Anche se iconograficamente è abbastanza difficile distinguere i corvi dalle cornacchie, il loro legame in quanto uccelli necrofagi con alcune divinità celtiche è indubbio: la dea irlandese della guerra Macha è chiamata “cornacchia”, e sempre alla cornacchia fa riferimento l’epiteto “Badbh”; alcune, come la Morrigàn, erano dee-corvo o dee-cornacchia in grado di mutare la propria forma umana in uccello e viceversa. La Morrigàn viene descritta nei testi letterari come il “corvo” o la “cornacchia della battaglia” e questo vale anche per Badbh Catha, letteralmente Cornacchia della Battaglia.
Corvi e cornacchie sono grandi uccelli neri che si nutrono di cadaveri e questo dà loro il carattere di uccelli di morte, simboli ctoni di oscurità dal becco appuntito e presunta crudeltà. Il corvo era però anche animale profetico, connesso agli oracoli grazie al suo particolare verso: la letteratura irlandese associa a questo animale i temi della divinazione e della distruzione. Le dee della guerra sono associate a questi uccelli: potevano infatti passare a loro piacimento dalla forma umana a quella di corvo preannunciando sventure, morte e sconfitta agli eserciti ai quali si mostrano (è Badbh Catha ad apparire agli eserciti dell’Ulster come terrificante messaggero di morte, esultando alla vista del massacro). Altre dee celtiche vengono rappresentate a volte insieme ad un corvo: Nantosuelta, Epona e le Dee-madri.
Origine delle dee-corvo. Abbiamo visto che le dee tripartite sono state associate da Marija Gimbutas, tramite il simbolismo della trilinea, alla Dea Uccello nella sua forma di datrice e sostenitrice di vita. La natura dell’uccello preso in considerazione in questo caso, ovvero il rapace necrofago (avvoltoio o corvo) simbolo di morte, ci permette di entrare in un’altra sfera d’azione della Dea. In Irlanda uno dei nomi della Triplice Dea è Badbh, che significa cornacchia, e la Morrigàn -termine apparentemente generico- è descritta in un testo come an badbh catha, cornacchia da battaglia. La stessa Morrigàn può apparire come una megera, una bella donna o una cornacchia o corvo. Ma il corvo accompagna altre dee europee: in Gallia Nantosuelta è raffigurata in rilievo con i suoi simboli, il corvo e la colombaia/alveare; la germanica Valchiria è identificata con il corvo, l’oscuro uccello dei morti, che viene chiamato waelceasing, “che sceglie i cadaveri”, termine perfettamente concorde con Waelcyrge o Valchiria; in forma di rapace/donna appaiono anche le greche Sirene e le Arpie, con testa umana, zampe d’avvoltoio e, come le Parche, in numero di tre.
La preistorica Dea della Morte e Rigenerazione è antropomorfica, ma con alcune peculiarità di rapace o di serpente velenoso: è la Morrigàn, singola o tripla, o Dea Cornacchia che dal Settecento in poi si fonderà gradualmente con la banshee, fata antropomorfica messaggera di morte. In area celtica la banshee, la cornacchia e la lavandaia si confondono tra loro: in ambito scozzese-gaelico la lavandaia sovrannaturale, la bean-nighe, è anche colei che annuncia la morte e nelle antiche fonti irlandesi il lavare è -come abbiamo visto- un’attività ascritta alla Dea Badbh o Morrigàn… forse perché l’acqua rappresenta un legame con l’altro-mondo.
Morrigàn è talvolta identificata con Ana, una “Guardiana dei morti” menzionata anche come “Madre delle divinità”: oggi l’antica Assassina-Rigeneratrice è ancora presente in tutto il folclore europeo, non più come formidabile dea, ma come strega che vola su scope* o su mostri, vecchia che getta incantesimi circondata da animali o che si muta in pietra o animale… Le streghe erano temute in passato perché rappresentavano i poteri dell’antica Dea sulla Terra e, nelle zone dove il Cristianesimo era più debole, ad ella era ancora ascritto il ruolo di comando sui cambiamenti atmosferici, ma anche di controllo della crescita di luna, sole e fuoco che può essere ricostruito dalle attività tramandate, tra le altre, dell’irlandese Morrigàn o delle tre sorelle, che potevano trasformare gli esseri umani in bestie e che possedevano poteri sulla sessualità e sulla fertilità di umani e animali.
*Raffigurazioni preistoriche di corpi di avvoltoi portano spesso il segno a scopa o spazzola, forse a indicare l’energia e la potenza della Dea della Morte (stessa funzione che riveste la scopa della strega nel folclore europeo).
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