“Nel più lontano passato, molto prima che l’uomo facesse la sua comparsa sulla terra, un albero gigantesco s’innalzava fino al cielo. Asse dell’universo, attraversava i tre mondi”.
Così inizia il volume Mitologia degli alberi di Jacques Brosse, studioso francese che ha dedicato la sua vita ad analizzare la simbologia vegetale, e soprattutto arborea, nel contesto europeo.
Non è un caso che il suo libro cominci proprio con queste parole, perché egli ritiene che la credenza nell’albero cosmico sia riscontrabile in così tante tradizioni del globo intero, da far supporre che si tratti di un mito che accompagna la nascita stessa della cultura umana.
L’unico albero. La pianta non ha bisogno di altro per vivere che degli elementi della natura (acqua, luce) e da sola li sa trasformare in alimenti per sé. Al contrario per la maggior parte della sua esistenza, l’uomo è vissuto dipendendo dall’albero, debitore per quel che ne riguardava i bisogni vitali primari: nutrimento, materiale con cui fabbricarsi una dimora, prodotto che consentiva di accendere e possedere il fuoco… non stupisce che il senso di debito nei confronti di questo “oggetto” lo rendesse anche possibile origine dell’universo stesso (dall’albero deriva la vita, dall’albero deriva tutto).
La concezione dell’albero come centro dell’universo ci fa capire che l’uomo antico concepiva il mondo su tre livelli connessi tra loro proprio grazie alla pianta: le radici affondano nello spazio infero e sotterraneo, nella sfera mediana del tronco si svolge la vita concreta degli esseri viventi collegata alla dimensione aerea tramite le fronde, i rami e le foglie che si ergono al mondo celeste e divino.
Si tratta di un topos che si adatta dall’habitat delle varie popolazioni umane, infatti gli alberi cosmici in giro per il mondo appartengono a specie diverse: i Norreni veneravano il celebre frassino Yggdrasill, mentre per i continentali Celti la colonna dell’universo era Irminsul, una quercia. Nell’Antico Egitto, dove gli alberi sono estremamente rari, restano tracce di un sicomoro sacro; la Mesopotamia è ricca di alberi cosmici, probabilmente gli stessi filtrati nei temi leggendari dei vari popoli e giunti fino a noi negli alberi biblici del giardino dell’Eden (quello della Vita e quello della Conoscenza).
Non ci spingeremo a prendere in esame i casi di Cina e Messico, ma l’universalità dell’Albero cosmico potrebbe stuzzicarci sulla sua origine: è un’idea antica quanto l’Homo sapiens che lo portò con sé fuori dall’Africa o è un archetipo che si è sviluppato in seguito in gruppi locali sparsi per il mondo?
Dall’albero al mito. E dal mito al simbolo. La vita vegetale rappresentata dall’albero dimostrava un ciclo continuo di nascite e morti, la componente culturale che trasformò l’albero in simbolo lo investì di valori spirituali quali la rigenerazione e l’immortalità. Spiego.
La vita vegetale rappresentata dall’albero dimostrava un ciclo continuo di nascite e morti, questo gli uomini lo potevano osservare dalla loro posizione a strettissimo contatto con la natura dei tempi arcaici; la componente culturale che trasformò l’albero in simbolo ci stiamo riferendo a tutte le domande ancestrali che homo sapiens si pose (e si pone) sul mistero della vita, di come inizia e perché, di cosa ci attende dopo la morte e dell’albero che diventa la risposta a tali quesiti; lo investì di valori spirituali quali la rigenerazione e l’immortalità significa che l’uomo si convince che esistano concetti quali la rinascita e la vita oltre la morte perché lo vede nella vita arborea e applica questo destino anche a se stesso (l’idea che questa resurrezione vada guadagnata non è universale).
Attraverso questo destino comune, l’albero diventa il più remoto antenato dell’uomo e oggetto di venerazione anche se la storia ci testimonia che si trattò, almeno in Europa, in un processo sempre più astratto, probabilmente in linea con l’evoluzione biologica e culturale dell’uomo (es. inizialmente si rendeva onore alla quercia, poi alla divinità-quercia antropomorfa, quindi a Zeus dio della quercia, infine l’albero diventò solo uno degli attributi di Zeus perdendo importanza e significato).
Storia delle religioni applicata all’albero. Nel suo Trattato di storia delle religioni Mircea Eliade dedica un intero capitolo all’albero e tra l’altro scrive: “Mai un albero fu adorato unicamente per se stesso, sempre per quel che ‘rivelava’ per suo mezzo, per quel che l’albero implicava e significava. […] in virtù della sua Potenza, di ciò che lo manifesta (e che lo supera), l’albero diventa un oggetto religioso. […] se l’albero è carico di forze sacre, ciò avviene perché è verticale, cresce, perde le foglie e le recupera, e di conseguenza si rigenera (muore e resuscita) innumerevoli volte”.
Eliade cerca di delineare lo sviluppo della credenza religiosa che porta l’albero ad essere un simbolo cosmico identificandone varie tappe: in principio era il complesso pietra-albero-altare a formare un microcosmo negli strati più antichi della vita religiosa. Più avanti è il solo albero a diventare espressione del Cosmo (oppure secondo altre linee evolutive lo diventano l’altare e poi il tempio: trasformazioni del luogo sacro che sorgono però sempre su Centri del mondo). Se nella serie pietra-albero-altare la prima, la pietra, rappresenta la realtà indistruttibile ed eterna, l’albero indica la rigenerazione periodica, ovvero la potenza sacra nell’ordine della vita.
L’albero come luogo sacro è anche abitazione della divinità ed ecco il momento del passaggio da ‘luogo sacro’ immagine del microcosmo ad albero cosmico/residenza della divinità (che talvolta ritroviamo rovesciato): l’albero è diventato teofania cosmica.
L’albero-centro del mondo e sostegno dell’universo (l’albero al centro dell’universo che collega Cielo, Terra e Inferno è detto Axis-Mundi) è punto fisso per eccellenza, sostegno del Cosmo, punto d’appoggio e le comunicazioni con le altre dimensioni possono venire solo intorno o tramite esso.
Ancora Eliade: “L’albero rappresenta -in modo sia rituale e concreto sia mitico e cosmologico, e anche puramente simbolico- il Cosmo vivente, che si rigenera senza interruzione. Poiché la vita inesauribile è equivalente all’eternità, l’albero-Cosmo può per questo diventare, su di un altro livello, albero della Vita-senza-morte. E dato che questa medesima vita inesauribile, nell’ontologia arcaica, traduce l’idea di Realtà Assoluta, l’albero vi diventa il simbolo di questa realtà.”
3 Pingbacks